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Acquetate le prime urgenze dello stomaco, rossa la guancia e gli orecchi, si principiò a ragionare per diritto e per rovescio di teologia, di frati, di monache; e gli adiposi padri non si sgomentarono delle mie opinioni eterodosse, reggevano intrepidi alla barzeletta e ridevano ai lazzi sulla loro equivoca virtù. I magiari non capivano sillaba, però ridevano.

Non ho finquì rammentato la Russia perchè le serbavo luogo speciale, per quindi prendere il destro ad un umile avvertimento che gioverebbe, se non isbaglio, e a Russia e ad Austria, e a Slavi e a Magiari. Se Austria seguita la perversa via d'irritare gli Slavi, o lo faccia per opera de' Magiari o altrimenti; badi bene ch'ella si tira addosso gli sdegni e le forze di circa ottanta milioni d'uomini, i quali gi

Resistere fino all'ultima cartuccia e fino all'ultimo uomo, dicevano anch'essi i difensori del ponte, imperterriti sotto una pioggia di fuoco. Che importava morire? Quei prodi sentivano che sui pochi metri quadrati dell'angusto piazzale si gettava il seme del futuro. E quel seme era sangue, il più nobile sangue d'Italia confuso insieme in quattro zolle di terra. Con un grido sul labbro, con un affetto nel cuore eran venuti dalle sponde del Jonio e dalle falde dell'Alpi, dalle pianure lombarde e dai clivi toscani, dal golfo incantato di Napoli e dai feraci campi delle Puglie, dalla Romagna indomita e dalla Liguria operosa; eran venuti a dividere i travagli e la gloria dei figli delle lagune; ignoti fino a ieri gli uni agli altri, oggi più che fratelli. E cadevano come spighe mietute stringendosi in un ultimo amplesso, mormorando coi vari accenti d'una stessa favella il dolce nome della patria comune. Onore a voi, valorosi, sia che vi ricordi la storia, sia che, martiri oscuri, vi copra l'oblio! E onore anche a voi, pochi ma eletti, svizzeri, slavi, magiari, che, non nati sotto il cielo d'Italia, pur ci veniste a morire, suggellando col sacrifizio delle vostre giovani vite l'alleanza fra quanti credono nella giustizia e nella libert

Fu nel 1836 statuito che la lingua degli atti pubblici fosse la lingua ungherese, cioè a dire che quanti d'altre razze la ignoravano, non potessero più parlare in Parlamento, e per ogni altro uso degli uffizi invocassero un turcimanno, e dalle cariche si astenessero infine a tanto che l'avessero appresa. Così tutti i non giovani, e gli occupati da altre cure e bisogni si trovavano a un tratto interdetti: e coloro stessi che allo studio di quel difficile idioma si fossero sottoposti, avevano pur sempre rimpetto ai Magiari uno svantaggio grave; e creavasi, oltre all'aristocrazia de' natali, e quella de' soldi, e quella degl'intrighi, una nuova e più pesante aristocrazia, della lingua. Perchè tutti sanno quanto il potere speditamente e convenientemente parlare e scrivere doni, in ispecie presso certi popoli e in certi casi, autorit

Se dunque (per rivenire a quello da cui si è cominciato il discorso) Austria, temendo de' popoli Slavi, intendesse aizzare i Magiari contr'essi; dico primieramente che non le riuscirebbe l'arte sua trista, come le riuscì l'altra volta: ma poi, se mai, lusingando le passioni d'un partito, ella cominciasse a parere di poter conseguire in alcuna parte l'intento, allora che l'amor patrio de' popoli Slavi, fatto più veemente dalle passioni irritate, accrescerebbe ad essi potenza. Croazia, gi

Il generale, soggiogato dall'accento energico, dall'occhio fiero e dai baffi magiari di Nullo, ma, suppongo, ancora e veramente più dalla scrollata disciplina dei suoi che l'accolsero fra gli evviva a Garibaldi, rispose con sereno ciglio: Figliuoli miei, con tutto il piacere! Nullo ed io gli cavalcavamo ai lati; da tergo una mano di lancieri.

Mentre Garibaldi era in via per Caprino e Almeno, accompagnati da una lettera di Cavour si presentarono al generale Garibaldi, Turr e Teleki, ambedue colonnelli nell'esercito della libera Ungheria, che nel 1849 combattè strenuamente contro l'Austria. Il generale accolse i due valorosi magiari come fratelli e da quel giorno quei bravi seguirono Garibaldi con vera devozione.