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ISABELLA. Io credevo del certo che voi fusse un servitor di un cavalier di questa terra che tanto vi s'assomiglia che non può esser che non sia vostro fratello. FABRIZIO. Altri sono stati oggi che m'hanno còlto in iscambio: tanto ch'io dubitavo quasi che l'oste non m'avesse scambiato. ISABELLA. Ecco Clemenzia, la vostra balia, che vi debbe venire a far motto.

DON IGNAZIO. Sappiate, madre mia, che da quel giorno che non so si debba chiamarlo felice o infelice per me che vidi la bellezza e l'oneste maniere di Carizia vostra nipote, m'hanno impiagata l'anima di sorte che, se voglio guarire, è bisogno ricorrere a quel fonte donde sol può derivar la mia salute. ANGIOLA. Signor don Ignazio, so dove va a ferir lo strale del vostro raggionamento.

DON IGNAZIO. Certo non farei tanto torto alla sua bontá, alla mia qualitá; l'importanza del negozio il tempo richiede questo. ANGIOLA. Poiché le vostre costumate parole, degne veramente di quel cavaliero che voi sète, m'hanno sgombro dal cuor ogni sospetto, eccomi pronta ad ogni vostro comando.

La ragione ammonisce, il cuore ricorda. È un'altra cosa... «Se vi sono più modi d'amare ve n'è uno migliore, più desiderabile, più vero? Bisogna che la voce della ragione non sia più udita, che tutte le memorie siano dimenticate, che una sola idea vinca tutte le altre e un solo bisogno rompa tutti gli ostacoli?... «Le sue risa d'oggi m'hanno fatto male.

Sono morto.... balbettò il capraio, e restò inerte. Egli s'allontanò bestemmiando, e voltandosi spesso a urlar minacce ed ingiurie al giacente. Ma l'istessa sera il capraio, con la testa fasciata, tutto livido e pesto, si portò all'Uliveto come meglio potè, e domandò del su Menico, il fratello campiere di Peppe. M'hanno detto che tu cerchi di me. Gnor , su Menico. Che vuoi? Devo parlarvi.

LECCARDO. bene; ma non me ne ricordo, perché era troppo intricato. DON FLAMINIO. Ricordati bene. LECCARDO. Spedazio..., Pignatazio.... Il nome s'assomigliava al spede o pignato, e però me ne ricordo. DON FLAMINIO. Fosse don Ignazio? LECCARDO. , don Ignazio,... Spedazio. DON FLAMINIO. M'hai ucciso, m'hai morto: le tue parole mi sono spiedi e spade che m'hanno mortalmente trafitto il cuore.

«Alcune ore fa scriveva Cipriano ho tirato due colpi di pistola contro l'ingegnere Arconti, che, colpevole o no, è la prima origine delle mie sciagure. L'occhio e il braccio m'hanno tradito. La mia vita apparteneva al mio nemico, che non volle prendersela e mi promise di non denunziarmi purchè io acconsentissi ad andarmene per sempre da questi paesi. Non gliene sono riconoscente. Accettar la sua offerta sarebbe stato un subire la peggiore delle umiliazioni. Ciò che egli non ha voluto fare lo faccio io. Allorchè ricever

Per l'anima mia! son certo, com'è vero che vivo, che tu hai qui, e qui e portava la destra prima al cuore, poi alla fronte una cosa ch'io non so... ma che viene di lassù; in me l'ho cercata sempre e non l'ho trovata mai!... Perchè, io son sincero, vedi! non mi stimo più del giusto; i miei cinquantanove anni, se non altro, m'hanno insegnata questa verit

L'orefice, per un affare così, sul momento, non può dare più di venticinque o trentamila lire!... E da Primarole m'hanno telegrafato ancora; vogliono tutto per domani! Il signor Galli barcollò, non disse una parola. Nora si nascose il viso fra le palme con un atto di orrore, poi gli domandò, pallida, risoluta: Il Kloss.... è qui? .

Arsi ha i viglietti delle ordinazioni Dodone e verso Francia via galoppa, dicendo: O vili, o porci, o mascalzoni! Rotta ogni chiave omai, rotta ogni toppa. Astucci d'oro, e d'òr repetizioni! Color mi pagherieno alfin di stoppa. Guaine, unguenti, libri da puttane! M'hanno posto nel ruol delle ruffiane. Cosí ridendo ed ora bestemmiando, sprona il destriere e spaccia la campagna.