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<<Beato te, che de le nostre marche>>, ricomincio` colei che pria m'inchiese, <<per morir meglio, esperienza imbarche! La gente che non vien con noi, offese di cio` per che gia` Cesar, triunfando, "Regina" contra se' chiamar s'intese: pero` si parton 'Soddoma' gridando, rimproverando a se', com'hai udito, e aiutan l'arsura vergognando.

Sanza riposo mai era la tresca de le misere mani, or quindi or quinci escotendo da se' l'arsura fresca. I' cominciai: <<Maestro, tu che vinci tutte le cose, fuor che demon duri ch'a l'intrar de la porta incontra uscinci, chi e` quel grande che non par che curi lo 'ncendio e giace dispettoso e torto, si` che la pioggia non par che 'l marturi?>>.

Le cui ardenti e fiammanti qualitadi figurativamente significano le superflue caldezze false che in loro animo si conservano. Tu hai l'arsura, e 'l capo che ti duole E per leccar lo specchio di Narcisso Non vorresti a 'nvitar troppe parole

<<E te sia rea la sete onde ti crepa>>, disse 'l Greco, <<la lingua, e l'acqua marcia che 'l ventre innanzi a li occhi si` t'assiepa!>>. Allora il monetier: <<Cosi` si squarcia la bocca tua per tuo mal come suole; che' s'i' ho sete e omor mi rinfarcia, tu hai l'arsura e 'l capo che ti duole, e per leccar lo specchio di Narcisso, non vorresti a 'nvitar molte parole>>.

Benvenuto, ella mormorava, benvenuto l'amico segreto del mio cuore; vieni, io sono fresca, e tempero l'arsura nelle membra febbrili; vieni, io ti darò a bere l'acqua gelida, che non si attinge a fontane terrestri; l'acqua di Lete, che procura l'oblìo. Se vorrai dormire io ti apparecchierò in questi miei umori un letto di aliche molle così, da infondere sonno nei corpi che non conoscono più riposo; qui nel profondo tu albergherai in palazzi di carbonchio incrostati di zaffiri; sotto la volta delle acque non morde aura ghiacciata di verno, non affanna l'ardente Sirio; quaggiù viviamo dilettate porgendo le orecchie allo arcano mormorio che muove dalle cose, le quali si formano e si disformano perpetuamente nelle viscere del mondo. Noi, se ti piace, o diletto, spazieremo seduti sopra la schiena dei delfini per la superficie delle acque, o inseguiremo negli antri profondi i pesci che fuggono, e gli altri che si difendono combattendo con la spada, o con la sega; io t'insegnerò a radere con la punta estrema dei piedi il fiore dell'onda, e a palpitare di volutt

Sanza riposo mai era la tresca de le misere mani, or quindi or quinci escotendo da se' l'arsura fresca. I' cominciai: <<Maestro, tu che vinci tutte le cose, fuor che demon duri ch'a l'intrar de la porta incontra uscinci, chi e` quel grande che non par che curi lo 'ncendio e giace dispettoso e torto, si` che la pioggia non par che 'l marturi?>>.

CAPPIO. Paggio, che fai che non porgi da bere? ALTILIA. Bevete, cor mio. GIACOMINO. Io non beverò mai, se voi non bevete prima e lasciate ch'io suchi quelle reliquie che son rimaste in quella parte del bicchiero ove han toccato le labra vostre, acciò con quelle io possa rinfrescar l'arsura dell'anima mia.

Il Conte gli mosse dietro richiamandolo, non senza aver prima con un suo riso amaro osservato: Vedi, Marzio, s'ei fosse stato un figliuolo mi avrebbe morso! «La nostra pelle è divenuta bruna come un forno per l'arsura della fameGeremia Lamentaz. V. n. 10. «E Iddio separò la luce dalle tenebreGenes. C. I. n. 4.

Di sue peccata ognun castigo appella L'arsura o i nembi del trist'anno andato; Ognun con penitenza più sincera Da Dio depreca tai sciagure, e spera.

<<E te sia rea la sete onde ti crepa>>, disse 'l Greco, <<la lingua, e l'acqua marcia che 'l ventre innanzi a li occhi si` t'assiepa!>>. Allora il monetier: <<Cosi` si squarcia la bocca tua per tuo mal come suole; che' s'i' ho sete e omor mi rinfarcia, tu hai l'arsura e 'l capo che ti duole, e per leccar lo specchio di Narcisso, non vorresti a 'nvitar molte parole>>.