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Aggiornato: 1 giugno 2025


No, è cosa finita! tornò a dire l'infermo: è meglio così, perchè ormai io v'era d'impaccio, e buono a nulla; come que' poveri diavoli de' feriti in una ritirata. Ma almeno, lo conosco, Damiano, il tuo cuore; so che cosa saresti stato in un altro tempo; in mezzo agli uomini d'adesso, si marcisce, non si vive. Ricordati di tuo padre; egli avr

Tornato da Santo Jacopo di Galizia, un buon romeo¹ traeva verso sera l'infermo fianco per le vie di Marsiglia, come colui che sembrava attenuato dagli anni e dal lungo cammino, in cerca di un Senodochiodove potere riposare per quella notte le membra. Poichè ebbe percorso molte contrade della citt

Come soffre! mormorò Fior d'oro. Ed ha la virtù di sorridere, quando è vicina a lui. Per questo, disse il Fiesco, non ci siete se non voi, donne, che sapete vincer l'affanno, e mostrare il volto sereno. La notte del signor Almirante fu quieta, con pochissima febbre. L'infermo aveva potuto dormire, a parecchie riprese, un paio d'ore.

Anzi, uscito dalla stretta dell'alcova, e andato nel vano della finestra a discorrere col capitano Fiesco, gli mormorò qualche cosa all'orecchio. Notò l'atto l'infermo, e coll'udito finissimo che sogliono avere in certe occasioni i malati, colse a volo le parole del medico. Che cosa consiglia il savio? domandò egli, sollevandosi sulla vita. Che Iddio venga a visitarmi?

O Ezio, tu devi aver molto coraggio... prese a dire Flora carezzevolmente. Perchè? per chi? Flora? chiese egli soffermandosi. Per te, per i tuoi, per noi tutti... So che mi volevi bene, povera Flora si abbandonò a dire imprudentemente l'infermo, lasciandosi prendere e trascinare dall'onda di quella soave compassione ch'era venuto a cercarlo. Mi hai perdonato, Flora, il male che ti ho fatto?

No, ma è tutt'uno. L'infermo s'ha da rinvigorire, non gi

Adagiato l'infermo nel letto, sopra un monte di cuscini, per sei giorni non doveva più moversi, per sei giorni parlare o cibarsi d'altro che di minestrine. Le imposte della finestra furono chiuse che a stento gli occhi avvezzi potevano vedere il nero profilo degli oggetti. Un'ombra, non una donna, vagolava assiduamente in quel buio Ernesta, col cuore traboccante, col labbro muto.

E buttate queste parole come una ceffata sul viso dei due, il dottor Mattei se ne andò di quel passo con cui era venuto. Il padre Bonaventura e il Collini erano rimasti mutoli, fortemente turbati per quella sfuriata del Mattei. Anche l'infermo era rimasto di sasso; non sapeva più a chi dovesse credere, e nascondeva il suo turbamento in un assalto di tosse.

Fosse almeno capitato il Sangonetto a trovarlo; si sarebbe raccomandato a lui, che pigliasse lingua da alcuno. Ma il Sangonetto aveva preso il largo; in vece sua, era diventato un pezzo grosso; tornato a mala pena dalle Langhe colla promessa degli aiuti, aveva spiccato il volo per altri lidi. Nessuno sapeva per dove; egli stesso, andato per pochi istanti a vedere l'infermo e trovar modo di bisbigliare una parolina alla Gilda (che lo vedea volentieri come il fumo negli occhi) non ne avea pur rifiatato. Vanaglorioso ed ingrato, il nostro Tommaso gi

Come va, Faustino mio? gli domandò inchinandosi sopra di lui, e posandogli una mano sulla fronte che bolliva di febbre. Mi sento un poco debole, ma del resto non c'è male, rispose l'infermo con languida voce. Che ti pare del mio aspetto?

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