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E scappava a Milano a immergersi in una orgia. Ma sempre quella tirannia del denaro, che tarpava l'ali alla fantasia; e poi, appena partito doveva ritornare per qualche malato. Crepavano di miseria que' disgraziati! Dopo tutto non era soltanto codesto. Le orgie gli lasciavano una certa nausea; e i nervi, irritati piuttosto che appagati, rimanevano renitenti allo studio.

Adesso, nell'uscir dallo studio di Alberto per correre dalla sua figliuola, Diana aveva l'ali ai piedi.

Traduciamo: Tacciono gli augelletti in mezzo ai rami; Sola l'allodoletta, ch'era stata A svegliarsi la prima, ultima ancora Va cercando ricetto per le piane; Ed or con l'ali, a guisa di farfalla, Si sospende nell'aria, ora si abbassa Ripetendo la solita canzone. Questa traduzione sembra l'originale.

"S'apron l'ali agli affanni e scioglie il pio Vol la piet

Doloran pei cari, Doloran per Dio, Lor merto arrichisce Chi in avanti fallì Lor vita è Calvario, Lor norma è Gesù! Ti piansi, ti piansi Con alto rammarco, Per me, pel tuo sposo D'angosce carco! Ma udii la tua voce Parlarmi nel cor. «Le fere sventure Son date a' mortali, Perchè dalla terra Dispieghino l'ali, Cogliendo le palme Che colse il Signor». No, pia, no, gentile, Per me non sei morta!

44 Ah lasso! che poss'io più che mirare la rocca lungi, ove il mio ben m'è chiuso? come la volpe, che 'l figlio gridare nel nido oda de l'aquila di giuso, s'aggira intorno, e non sa che si fare, poi che l'ali non ha da gir l

, se un genovese avesse l'ali! disse asciuttamente mastro Bernardo. Che? non ci si sale, fino a quel colmo? Che io mi sappia, non ci ha mai posto piede anima nata. E' bisogna vedere la roccia alle spalle, l

Poi spicco l'ali dall'oscuro nido E, librandomi in ciel, nel volo immenso Saluto il mondo con superbo strido... È allor che canto e penso. Autunno 1875. Gli amanti passeggiavano mentre cadeva il sole; Mormoravan le labbra portentose parole; Un inno solo dalle labbra uscia, Un inno che diceva: La parola dell'uomo è melodia, Che sovra ogni idïoma si solleva!

31 Resti con lo scrittor de l'evangelo Astolfo ormai, ch'io voglio far un salto, quanto sia in terra a venir fin dal cielo; ch'io non posso più star su l'ali in alto. Torno alla donna a cui con grave telo mosso avea gelosia crudele assalto. Io la lasciai ch'avea con breve guerra tre re gittati, un dopo l'altro, in terra;

E se non fosse ch'io drizzai mia cura, quand'io intesi la` dove tu chiame, crucciato quasi a l'umana natura: 'Per che non reggi tu, o sacra fame de l'oro, l'appetito de' mortali?, voltando sentirei le giostre grame. Allor m'accorsi che troppo aprir l'ali potean le mani a spendere, e pente'mi cosi` di quel come de li altri mali.