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Aggiornato: 4 giugno 2025


cosi` mi parve da luce rifratta quivi dinanzi a me esser percosso; per che a fuggir la mia vista fu ratta. <<Che e` quel, dolce padre, a che non posso schermar lo viso tanto che mi vaglia>>, diss'io, <<e pare inver' noi esser mosso?>>. <<Non ti maravigliar s'ancor t'abbaglia la famiglia del cielo>>, a me rispuose: <<messo e` che viene ad invitar ch'om saglia.

Io avea una corda intorno cinta, e con essa pensai alcuna volta prender la lonza a la pelle dipinta. Poscia ch’io l’ebbi tutta da me sciolta, come ’l duca m’avea comandato, porsila a lui aggroppata e ravvolta. Ond’ ei si volse inver’ lo destro lato, e alquanto di lunge da la sponda la gittò giuso in quell’ alto burrato.

<<Or va>>, diss'el; <<che quei che piu` n'ha colpa, vegg'io a coda d'una bestia tratto inver' la valle ove mai non si scolpa. La bestia ad ogne passo va piu` ratto, crescendo sempre, fin ch'ella il percuote, e lascia il corpo vilmente disfatto. Non hanno molto a volger quelle ruote>>, e drizzo` li ochi al ciel, <<che ti fia chiaro cio` che 'l mio dir piu` dichiarar non puote.

Tosto che parton l’accoglienza amica, prima che ’l primo passo trascorra, sopragridar ciascuna s’affatica: la nova gente: «Soddoma e Gomorra»; e l’altra: «Ne la vacca entra Pasife, perché ’l torello a sua lussuria corra». Poi, come grue ch’a le montagne Rife volasser parte, e parte inver’ l’arene, queste del gel, quelle del sole schife,

così la donna mïa stava eretta e attenta, rivolta inver’ la plaga sotto la quale il sol mostra men fretta: che, veggendola io sospesa e vaga, fecimi qual è quei che disïando altro vorria, e sperando s’appaga. Ma poco fu tra uno e altro quando, del mio attender, dico, e del vedere lo ciel venir più e più rischiarando;

<<Che hai che pur inver' la terra guati?>>, la guida mia incomincio` a dirmi, poco amendue da l'angel sormontati. E io: <<Con tanta sospeccion fa irmi novella visiion ch'a se' mi piega, si` ch'io non posso dal pensar partirmi>>. <<Vedesti>>, disse, <<quell'antica strega che sola sovr' a noi omai si piagne; vedesti come l'uom da lei si slega.

ond’ io levai le mani inver’ la cima de le mie ciglia, e fecimi ’l solecchio, che del soverchio visibile lima. Come quando da l’acqua o da lo specchio salta lo raggio a l’opposita parte, salendo su per lo modo parecchio a quel che scende, e tanto si diparte dal cader de la pietra in igual tratta, come mostra esperïenza e arte;

Dentro dal monte sta dritto un gran veglio, che tien volte le spalle inver' Dammiata e Roma guarda come suo speglio. La sua testa e` di fin oro formata, e puro argento son le braccia e 'l petto, poi e` di rame infino a la forcata; da indi in giuso e` tutto ferro eletto, salvo che 'l destro piede e` terra cotta; e sta 'n su quel piu` che 'n su l'altro, eretto.

che quella di colui che li è davante; e noi movemmo i piedi inver’ la terra, sicuri appresso le parole sante. Dentro li ’ntrammo sanz’ alcuna guerra; e io, ch’avea di riguardar disio la condizion che tal fortezza serra, com’ io fui dentro, l’occhio intorno invio: e veggio ad ogne man grande campagna, piena di duolo e di tormento rio.

L'animo, ch'e` creato ad amar presto, ad ogne cosa e` mobile che piace, tosto che dal piacere in atto e` desto. Vostra apprensiva da esser verace tragge intenzione, e dentro a voi la spiega, si` che l'animo ad essa volger face; e se, rivolto, inver' di lei si piega, quel piegare e` amor, quell'e` natura che per piacer di novo in voi si lega.

Parola Del Giorno

s'alceste

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