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fossero>>. Ed ei mi disse: <<Il foco etterno ch'entro l'affoca le dimostra rosse, come tu vedi in questo basso inferno>>. Noi pur giugnemmo dentro a l'alte fosse che vallan quella terra sconsolata: le mura mi parean che ferro fosse. Non sanza prima far grande aggirata, venimmo in parte dove il nocchier forte <<Usciteci>>, grido`: <<qui e` l'intrata>>.

Se il Demonio, o volesse, o potesse venire al mondo per istrascinare nel suo inferno Papa, e Borbone, e di ogni risma stranieri, ben venga il Demonio; noi lo saluteremo: Demonio I d'Italia; purchè venga armato di ferro, e di fuoco.

Io feci il padre e 'l figlio in se' ribelli: Achitofel non fe' piu` d'Absalone e di David coi malvagi punzelli. Perch'io parti' cosi` giunte persone, partito porto il mio cerebro, lasso!, dal suo principio ch'e` in questo troncone. Cosi` s'osserva in me lo contrapasso>>. Inferno: Canto XXIX La molta gente e le diverse piaghe avean le luci mie si` inebriate, che de lo stare a piangere eran vaghe.

Maledetto per la morte atroce, che mi hai fatto soffrire: maledetto per lo affanno della mia moglie: maledetto per la miseria di mio figlio: mille volte maledetto per lo inferno dove mi hai precipitato, però che io morissi senza sacramenti, e la mia anima spirasse bestemmiando Dio.

Però con ambo le braccia mi prese; e poi che tutto su mi s’ebbe al petto, rimontò per la via onde discese. si stancò d’avermi a distretto, men portò sovra ’l colmo de l’arco che dal quarto al quinto argine è tragetto. Quivi soavemente spuose il carco, soave per lo scoglio sconcio ed erto che sarebbe a le capre duro varco. Indi un altro vallon mi fu scoperto. Inferno · Canto XX

Inferno · Canto VIII Io dico, seguitando, ch’assai prima che noi fossimo al piè de l’alta torre, li occhi nostri n’andar suso a la cima per due fiammette che i vedemmo porre, e un’altra da lungi render cenno, tanto ch’a pena il potea l’occhio tòrre. E io mi volsi al mar di tutto ’l senno; dissi: «Questo che dice? e che risponde quell’ altro foco? e chi son quei che ’l fenno?».

Han pur queste fugaci Ore terrene alcun sorriso e fiore, Ha battaglie il pensier, le labbra han baci, Vita la terra, e inferno e ciel l'amore! Molte sul dorso antico Storie nefaste io porto, Molte nei gorghi miei storie nascondo; Ma, poi che per et

Bambina sclamò sorridendo: Mio caro Seneca, io vorrei che il tuo inferno fosse almeno un poco più caldo, perocchè ti confesso che io agghiado, e ti prevengo che domani bisogna comperar dei carboni. L'indomani, questa povera famiglia fu risvegliata alle sette del mattino da un birro che veniva ad ordinare a Don Diego di presentarsi di nuovo al commissario di polizia, a mezzodì.

Erano due in lui, due avversari accaniti, uno a difendere con tenerezza lacrimosa la sua Lena, l’altro ad accusarla con logica inesorabile. Chi gli aveva messo quello inferno nel cuore?

«Diede», cioè causò, «vento». Generansi i venti, secondo che ad Aristotile piace nel secondo della Meteora, d'esalazioni calde e secche della terra, cacciate sopra da da' nuvoli freddi o da alcun freddo che nell'aere sia. Le quali cose come in inferno sieno, non so.