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Aggiornato: 5 giugno 2025
Vana prova indi fu de' Francesi a riparlar d'accordo. Sconoscendo tutta ragion di guerra, i giovani arcadori di Caccamo saettarono il giustiziere affacciatosi dalle mura; e lui caduto, avventossi la gente tutta all'assalto; occuparon la fortezza; trucidarono tutti i soldati; i cadaveri gittarono in pezzi ai cani e agli avvoltoi. Tornossi l'oste in Palermo .
Saba Malaspina, lib. 4, cap. 17. Capitoli del regno di Napoli, pag. 14. Misericordiam, etc. Capitoli del regno di Napoli, pag. 16. Nel preambolo si legge essere stati i ribelli di Sicilia, conculcati, et gladio ultori perempti. Saba Malaspina, lib. 4, cap. 17. Conto reso da Bartolomeo de Porta giustiziere della Sicilia di l
A questo nuovo desiderio rispose prontamente l'opera di Spinello Spinelli, ed anche a quello dei massari di San Francesco, che vollero un arcangelo San Michele, nella cappella intitolata al gran giustiziere del cielo.
Il Principe di Trabia, che era uomo di buon senso, prendeva, come suol dirsi, a quattro mani il suo coraggio, e da onesto Capitan Giustiziere favoriva la giustizia alla quale avea diritto questa brava gente, dicendo anche un po’ di bene delle bastasate, non ostante il po’ di male che ne avea detto innanzi.
Dopo questa sentenza Federigo non ebbe più un'ora di bene. Innocenzio spedì lettere circolari per ribellargli la Sicilia; tentò farlo morire per opera di congiura ordita dai figli del Gran Giustiziere Mora, dai San Severino, e dai Fasanella: andato a vuoto il tentativo, non cessò dalle insidie, anzi viepiù accendendosi in quelle istigò Piero delle Vigne, rimasto trascurato in corte dopo il Concilio, a ministrargli il veleno. Giaceva Federigo leggermente ammalato, allorchè Piero si dispose all'opera di perfidia: fattosi alla camera dove era l'Imperatore, lo confortò a bere certo liquore composto da un suo medico, e gli affermava che ne sarebbe tosto guarito. Federigo di tutto gi
Un giorno (17 luglio 1774) tre degli otto commissarî della Corte Capitaniale venivano catturati da una ronda delle Maestranze per un furto qualificato nel quartiere della Conceria (mandamento Castellammare) e condotti nella Carboniera, noto carcere dentro il palazzo del Comune. Il Duca di Villarosa, Capitano Giustiziere, se ne risente come di offesa alla sua persona; ed energicamente li reclama. Alla sua il capo ronda ne chiede giustizia sommaria. Il Pretore, Principe di Scordia, è in grave imbarazzo, e per gettare un po’ d’acqua sul fuoco e contentare il Villarosa fa trasportare in sedie volanti alle segrete del Castello i tre rei e li mette a disposizione del capo della Giustizia; ma per non dispiacere alle Maestranze li invia accompagnati dalle ronde di esse. Così d
La sera del 18 febbraio a nome del Re il Capitan Giustiziere Principe di Fitalia invitava la più alta Nobilt
Se non che, la nuova impresa non poteva non danneggiare l’antica delle portantine, e dal primo apparire dei tarioli i lettighieri se ne risentirono. Si principiò col sorriso del giocatore che perde; seguì la derisione dei cocchieri dei tarioli, e quando gl’interessi del mestiere cominciarono, col considerevole sviluppo dei nuovi veicoli, a pericolare, vennero gl’insulti, le ingiurie, i battibecchi, le zuffe, a sedar le quali occorse l’intervento della Polizia. I tarioli si moltiplicarono; nel solo Piano della Marina, rimpetto la Vicaria, sotto le torve occhiate dei portantini della vicina posta, se ne contarono fino a trenta il giorno. Nel 1785 i trenta erano ottantacinque, e due anni dopo, centoventuno, che, secondo una opportuna ordinanza del Capitan Giustiziere, portavano gi
Nella stanza erano ritti parecchi pali con un braccio traverso, e in cima a questo pendevano carrucole fornite di girelle di bronzo con funi adattate a tirar su pesi; in terra sparsi piombi da mettersi ai piedi per dare la corda con lo squasso, e tassilli, e canobbi, eculei, capre, imbuti, sgabelli da vigilia, aliossi, torcie bituminose, cordicelle di sverzino, fruste, flagelli con triboli in fondo, seghe con altri più arnesi; corredo che la Ferocia e il Vitupero dettero alla Giustizia quando la maritarono con lo Inferno. Mastro Alessandro li passava tutti in rassegna, li rimetteva in sesto; qualcheduno forbiva da certe macchie nere, che le vene umane vi avevano sprizzato vermiglie. Il notaro e il giustiziere, ognuno dal canto suo si apparecchiava a celebrare degnamente la solennit
Le dame non se la presero calda, come, per dovere d’ufficio, dovea dare a vedere di prenderla la moglie del Giustiziere, e come, per eccessiva servilit
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