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Aggiornato: 12 luglio 2025
Giorgi invece declinava a vista d'occhio. Anche il suo ultimo orgasmo d'autore era vanito nella grandezza della morte imminente. Una tosse secca e profonda gli scuoteva il petto, mandandogli un rosso effimero e di mal augurio sul volto, mentre la voce così stridula una volta gli si faceva ogni giorno più appannata.
Ma Bice, immemore di tutti, non aveva nemmeno notato la sua assenza. Invece pensava talora al povero Giorgi, la sola anima di santo che avrebbe potuto parlarle di quel dolore, mentre tutti gli altri, compreso De Nittis, non lo intendevano abbastanza.
Allora verremo da voi. Non era più il salotto dell'inverno. L'assenza di Prinetti e di Giorgi vi aveva lasciato un vuoto malinconico, gli altri parevano invecchiati. Come accade sempre, anche quel gruppo, vissuto così intimamente per tanti anni, si sentiva colpito da dissoluzione nella monotonia stessa di quella amicizia, che niente veniva più a rianimare.
De Nittis persuaso da Bice a preporvi uno studio critico sulla musica sacra, in una specie di prefazione al primo volume, sorrideva di quelle incertezze. Per conquistare la gloria tu stai per perdere la fede: perchè ricorreggi, amico mio? Giorgi tremava. La gloria è difficile. Essa è l'ultimo amore, ma forse tradisce anche più crudelmente degli altri.
Ormai quel soprabito color nocciola, così abituato al suo corpo, non si abbottonava più che sopra un'ombra. In casa della contessa Ginevra il cordoglio fu intenso, molto più che Giorgi consapevole del proprio stato ricusava per una suprema alterezza di artista ogni soccorso.
Giorgi sedeva sopra uno sgabello da pianoforte, la contessa Ghigi spariva quasi, entro una larga ottomana, mentre Prinetti allargandosi sopra una robusta sedia americana, a rete di giunco, perchè qualunque imbottitura gli avrebbe infiammato le reni, grasso com'era, guardava ancora il dottore.
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