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Aggiornato: 25 giugno 2025
Non scherzi, Eccellenza, disse Fabio in tono supplichevole, io temo che la principessa sia trascinata dalla gelosia, non ragioni più e voglia commettere uno scandalo, che farebbe parlare tutta Roma. Pensi quanto ne soffrirebbe la signora Caruso.... Fabio, nel pronunziare quel nome capì come erano arrischiate le sue parole e non osò aggiungere altro.
Lo stesso ripiego fu praticato di nuovo da' romani nella dittatura di Fabio Massimo, che ridusse gli assi al peso di un'oncia, onde raddoppiarono di nuovo i romani la valuta; e non molto dipoi per la legge Papiria furono battuti di mezz'oncia, e successivamente pare credibile che a poco a poco, ad arbitrio di chi battere li faceva, abbiano mutato peso: mentre non si trovano giá, ch'io sappia, di quegli assi d'una libbra e di due, che piú anticamente usarono; ma molti, massimamente a tempo de' primi imperadori, che solo un quarto d'oncia, anzi un sesto pesano a fatica.
Don Pio riprese a passeggiare nella stanza, e fermandosi poi a un tratto dinanzi a Fabio, gli disse: Saprò fare in modo che la principessa sia accompagnata alla inaugurazione da altri che da lei; non le dica nulla di questo nostro abboccamento, e sia sincero con me, assolutamente sincero, se tiene a risparmiarmi delle noie.
Fabio Rosati s'era alzato e andava da una tavola all'altra distribuendo strette di mano, raccogliendo le parole lusinghiere per il principe con l'intenzione di ripetergliele poi. Ve lo dicevo che non c'era altri che lui, che il voto era ben dato? ripeteva egli a quanti gli parlavano della stazione in Trastevere. Bella mente, idee larghe, idee nuove e un cuore d'oro.
Fabio Rosati stette un momento pensoso, con gli occhi fissi per terra, poi stendendo la mano al sor Domenico gli disse: Credo che abbiate ragione; e senza salutare nessuno risalì in botte e si fece condurre al palazzo del principe della Marsiliana.
E forse che 'l suo padrone non si crede che facci l'ambasciate per lui? Ma gli è, per certo, questo che viene in qua. Ventura! Fabio, Dio ti dia il buon dí. Vezzo mio, ti venivo a trovare. LELIA. Ed a te mille scudi, la mia Pasquella. Che fa la tua bella padrona? e che voleva da me? PASQUELLA. E che ti credi che la facci?
Come tutte le donne gelose, la principessa desiderava di veder Fabio per udir parlare di Maria, e dopo che lo aveva veduto era più che mai straniata dai tormenti che impone quella malattia del cuore, più che mai era desiderosa di sapere.
Durante il breve tragitto, Fabio fu più volte sul punto di dire al principe quanto lo affliggeva di vederlo nelle mani di un volgare imbroglione, di narrargli che Caruso aveva servito un po' tutti i partiti con la penna, una penna che non sapeva intingere altro che nella bile, e che ora non avendo più nessuno si attaccava a lui come alla tavola di salvezza.
E pur mi fa creder il vederti dare sempre grata audienzia e l'accoglierti sí volentieri ch'ella non m'abbi in odio; però ch'io non gli feci mai cosa, ch'io sappi, che le dispiacesse. Tu ti potresti accorgere, ne' suoi ragionamenti, di ch'ella si dolga di me? Ridimmi, di grazia, Fabio: che ti disse ella, iersera, quando v'andasti con quella lettera? LELIA. Io ve l'ho giá replicato vinti volte.
Quando essi uscirono dal fumoir, trovarono Maria, come una sentinella, sulla porta. Era pallida e guardava ora Fabio ora il principe per leggere sui loro volti il risultato dell'abboccamento. Fabio le rivolse uno sguardo riconoscente e si affrettò a tornare in redazione, dove erano i suoi colleghi, e il principe rimase muto di fronte a Maria.
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