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Domenico fu detto; e io ne parlo come de l’agricola che Cristo elesse a l’orto suo per aiutarlo. Ben parve messo e famigliar di Cristo: che ’l primo amor che ’n lui fu manifesto, fu al primo consiglio che diè Cristo. Spesse fïate fu tacito e desto trovato in terra da la sua nutrice, come dicesse: ‘Io son venuto a questo’.

la qual molte fiate l'omo ingombra si` che d'onrata impresa lo rivolve, come falso veder bestia quand'ombra. Da questa tema accio` che tu ti solve, dirotti perch'io venni e quel ch'io 'ntesi nel primo punto che di te mi dolve. Io era tra color che son sospesi, e donna mi chiamo` beata e bella, tal che di comandare io la richiesi.

e non l'abbatta esto Carlo novello coi Guelfi suoi, ma tema de li artigli ch'a piu` alto leon trasser lo vello. Molte fiate gia` pianser li figli per la colpa del padre, e non si creda che Dio trasmuti l'arme per suoi gigli!

e tre fïate intorno di Beatrice si volse con un canto tanto divo, che la mia fantasia nol mi ridice. Però salta la penna e non lo scrivo: ché l’imagine nostra a cotai pieghe, non che ’l parlare, è troppo color vivo. «O santa suora mia che ne prieghe divota, per lo tuo ardente affetto da quella bella spera mi disleghe».

al suo Leon cinquecento cinquanta e trenta fiate venne questo foco a rinfiammarsi sotto la sua pianta. Li antichi miei e io nacqui nel loco dove si truova pria l’ultimo sesto da quei che corre il vostro annüal gioco. Basti d’i miei maggiori udirne questo: chi ei si fosser e onde venner quivi, più è tacer che ragionare onesto.

Quante fiate Buonvicino era passato innanzi a quel piazzuolo, a quell'olmo, a quella chiesa senza più che inchinarsi, come si usa ai luoghi benedetti! Ora vi si fermò; tenne gli occhi sopra una porta che, di fianco alla chiesa, introduceva al convento, e vi lesse scritto: In loco isto dabo pacem.

«Costoro e Persio e io e altri assai», rispuose il duca mio, «siam con quel Greco che le Muse lattar più ch’altri mai, nel primo cinghio del carcere cieco; spesse fïate ragioniam del monte che sempre ha le nutrice nostre seco. Euripide v’è nosco e Antifonte, Simonide, Agatone e altri piùe Greci che gi

e vidi lui tornare a tutt’ i lumi de la sua strada novecento trenta fïate, mentre ch’ïo in terra fu’mi. La lingua ch’io parlai fu tutta spenta innanzi che a l’ovra inconsummabile fosse la gente di Nembròt attenta: ché nullo effetto mai razïonabile, per lo piacere uman che rinovella seguendo il cielo, sempre fu durabile.

Quest'altre donne son certo che, per esser savie e avendo sentito riprender voi, si achetaranno, di sorte che pareranno mutole: ancor che elle, in simili luoghi, el piú delle fiate, parlino piú coi gesti che con la boca e fanno intendere a cenni tale che non ha occhi lingua. Ma, pur che voi non parliate, i' non mi curo del resto.

Per piu` fiate li occhi ci sospinse quella lettura, e scolorocci il viso; ma solo un punto fu quel che ci vinse. Quando leggemmo il disiato riso esser basciato da cotanto amante, questi, che mai da me non fia diviso, la bocca mi bascio` tutto tremante. Galeotto fu 'l libro e chi lo scrisse: quel giorno piu` non vi leggemmo avante>>.