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Aggiornato: 10 giugno 2025


Spaventato, il servitore si era affrettato a svegliare il comandante Dutolet e tutti gli altri della casa: poi, mentre essi cercavano di soccorrere il generale, dandogli a bere qualche goccia di liquore, spruzzandogli d'acqua il viso ed il petto, egli, Filippo, era corso a precipizio in paese per avvertire il medico, per avvertire il conte di Vaussana.

Il generale, da vecchio ufficiale di cavalleria, era un gran sciabolatore al cospetto di Dio; con la spada reggeva appena al confronto del capitano Dutolet, ed era molto inferiore a Maurizio, gran tiratore, che si era fatto in Genova alla scuola elegante e vigorosa di Licurgo Cavalli, e che a Napoli era stato perfezionato dalla grazia corretta di Masaniello Parise.

Così l'uno tagliando dalla pezza e l'altro approvando del capo, l'uno dicendo Deo gratias e l'altro cum spiritu tuo, si faceva, di sopra ai trattati e in barba ai loro custodi, la gran pace dell'avvenire. E le cose andavano. Maurizio era diventato per quell'uomo un altro Dutolet, anzi meglio, perchè il Dutolet approvava tacendo, e Maurizio approvava parlando. I facili discorritori amano che qualche parola si metta in mezzo ai loro discorsi; almeno quando essi hanno la bont

Era un gentile pensiero; e la contessa Gisella, da buona figlia d'Eva, trovò che il capitano Dutolet ragionava benissimo. Così il buon ragno cansò quella sequela di argomentazioni che sogliono scaraventarsi in ogni societ

Ma parlando noi per essi, non è vero? esclamò il Dutolet. Che farci? ribattè Maurizio. Volete che contiamo i passi? Avete detto a me di farne trenta, per essere sul mio; rispose il Dutolet. Ne ho fatti trenta: accettiamo l'assegnazione del destino. Ancora una volta io vi domanderò: non possiamo dimenticare le nostre parole di ieri? No, disse il signor di Vaussana, vi ringrazio.

Passato il gran salto dell'Aiga, superato il colmo del monte, dove le acque correvano a guisa di ruscello, andò oltre, risalendo di prateria in prateria, fino al piano della Sisa. Il comandante Dutolet non era ancora arrivato: ma erano appena le cinque e mezzo; si poteva dunque aspettare. Il buon ragno non volle del resto approfittare della scusa che si era preparata; e Maurizio lo vide, alle cinque e tre quarti, sbucare da una macchia di abeti, volgendo gli occhi di qua e di l

Ah, bene! esclamò egli, deponendo la stecca sul panno verde e muovendo incontro al visitatore. Siate il benvenuto, signor Maurizio. Qua la mano; anzi, no, un abbraccio, tanto per cominciare. Ma come va? soggiunse, volgendosi al compagno. Il vostro servizio d'avamposti procede assai male, mio caro Dutolet. Non so veramente come sia andata; rispose quell'altro, con accento dimesso.

Il Dutolet lo scorse allora, e non potè trattenere un gesto d'ingrata maraviglia. Se ne avvide Maurizio; ma non aveva da offendersi per così poco. Egli aveva lasciata una lettera per voi? domandò, indicando un foglio che l'ufficiale teneva ancora aperto tra mani. , per me, che pure mi ritrovavo a pochi passi da lui; rispose l'ufficiale. Povero conte! come ha dovuto soffrire, scrivendola!

Il generale era col suo inseparabile Dutolet, ambedue seduti al fresco, su certi sedili di ferro, disposti a semicerchio fuori dell'ingresso, accanto alla gradinata di marmo. Venite qua voi a consolarci; disse il generale, com'ebbe veduto Maurizio. Venite a riconfortarci lo stomaco. Non lo sentite, l'odore di scarafaggio?

No; disse Maurizio. Era mio dovere di domandarvelo; replicò il Dutolet, facendo un mezzo inchino. Resta che c'intendiamo sull'ora e sul luogo.

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