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Aggiornato: 29 settembre 2025
Anche la disposizione delle classi abbienti, come il favore del governo, offrì il terreno propizio alla potenza della Chiesa. L'indifferenza religiosa dei francesi fece il dominio degli ultramontani. Quella seriet
Se egli non li vede o li ha in dispetto, sostituisce sè alla storia». L'on. Fera aveva detto, in sostanza, al presidente del Consiglio: noi radicali siamo una tradizione, una dottrina e una tendenza; tendenza di affrancamento dell'anima italiana dal dominio del prete, di riforme radicali nella finanza e nell'amministrazione, di conquiste sociali. Intende, l'on.
È il braccio dell'assassino che toglie a difenderti? Non siamo noi il tuo Muleasso, al quale concesse il Profeta dominio intero su la tua vita, sul tuo avere?...» «Non sopra il mio onore.»
Manfredo si professò guelfo per avere la protezione del potentissimo capo de' guelfi, Roberto Re di Napoli, della casa d'Angiò. Era questi un ragguardevole monarca per ingegno e per possedimenti. Oltre al suo regno ed alla contea di Provenza, suo avito dominio, gli appartenevano, per diritti veri o dubbii, parecchie signorìe qua a l
In Roma i gesuiti sono i padroni veri della situazione, e usufruiscono del pari le truppe forestiere, l'obolo di San Pietro, le credenze religiose, e le influenze politiche. Il Papa, capo apparente della chiesa e il cardinale Antonelli, che regge il governo temporale di Roma, stanno sotto il dominio dei gesuiti.
In un articolo intitolato: Storia dei maneggi letterarii in tempo del dominio di Buonaparte, inserito, alla caduta del primo Impero, nel secondo numero del giornale Lo Spettatore, leggiamo che parecchi del così detto partito filosofico che manteneva idee repubblicane e però avverse a qualsiasi tirannide, finirono con far la corte al primo Console e poi all'Imperatore.
Controllava il suo libro, onde metterlo al livello delle scoverte e delle dottrine, le quali avevan, dopo quell'epoca, allargato il dominio delle scienze naturali. Egli amava, d'altronde, percorrere quelle vaghe contrade, poco esplorate, e dove non s'incontra neppure lo stesso inglese!
Accadea questo fatto nel 1322, e da quell'ora si rimetteva in Piacenza il governo a popolo, giacchè il dominio papale potevasi riguardare come una libert
Tornati allora in posto i nobili, se l'intesero coi principali Ghibellini di Toscana e, quel che più importa, con Luchino Visconte, il quale, indispettito dal rifiuto dei Fiorentini, bramoso di fare onta all'abborrito Scaligero, sperava inoltre di potere stendere così l'influenza sua sopra quelle parti, e forse, poichè da cosa nasce cosa, anche il dominio; e vantaggiarsi di tanto coll'aggiungere ai suoi Stati mediterranei anche un porto di mare.
Quando Milano era sotto il dominio francese, non aveva mai frequentato che il palazzo e la conversazione del governatore, dove la Ginevra fu più d'una volta l'oggetto dell'ammirazione generale, e quando ritornarono gli Sforza, qualche volta si recava alle feste del duca. Nella propria casa non concedeva accesso che alle più cospicue e antiche famiglie di Milano, con un riserbo però, con un cerimoniale, con un'etichetta, che poteva anche promovere la nausea. Qual signore, benchè scaduto, d'un ampio stato in Italia, egli pensava che in tutta Milano non v'era alcuno che potesse stargli a paro, nè di nulla era più curante che di far spiccare e rispettare codesto primato. Il titolo di magnifico signore, era il solo che lo mettesse di lieto umore, che gli facesse distender le rughe della calva sua fronte. Di null'altro era più tenero che dei propri titoli, di nessun'altra cosa prendeva passatempo che della lettura della storia del proprio casato e della sua Bologna. Dal momento che gli era sfuggito di mano il potere reale, cominciò a vagheggiare con un amore ardente, geloso, permaloso, le immaginarie prerogative della nobilt
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