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Onde, se 'l mio disir dee aver fine in questo miro e angelico templo che solo amore e luce ha per confine, udir convienmi ancor come l'essemplo e l'essemplare non vanno d'un modo, che' io per me indarno a cio` contemplo>>. <<Se li tuoi diti non sono a tal nodo sufficienti, non e` maraviglia: tanto, per non tentare, e` fatto sodo!>>.

Cade, su l'acqua accolta ne la carcere breve, mite come la neve qualche foglia disciolta; e li stami che ardenti quali raggi da un serto rompeano da l'aperto seno a tentare i vènti, i vivi agili stami cui d'un volo sonoro cingean gl'insetti d'oro laboriosi a sciami, entro il calice infranto paiono irrigiditi verso Dio, come i diti lunghi e scarni d'un Santo.

PANFAGO. Almeno una collazionetta leggiera. FORCA. Non abbiamo bombace penne. PANFAGO. Non bevendo, non farò cosa allegramente: duo becchieretti, non piú, starò allegro, fuor di paura, mi riporrá l'anima in corpo; come ho buon vino su lo stomaco, non può contro me il malanno. Porti l'oro su' diti, le gioie al collo, chi vuol rallegrare il core; la mia teriace e il mio allegracore è il vino.

Serafina trovò il discorso fin troppo bello per un avaraccio, che non dava mai un soldo di mancia a nessuno. Vestì il suo Taddeo, lo spazzolò una volta più del solito, gli accomodò la cravatta, gl'infilò i guanti neri sui diti grossi come salamini e lo buttò fuori dell'uscio che gi

DOTTORE. Panfago, non star piú nascosto: il pazzo è gito via. PANFAGO. O a che periglio mi son oggi trovato d'esser strangolato e non poter piú mangiare! Or non poteva attaccarmisi piú tosto con i denti al naso, strapparmi l'orecchie o ficcarmi i diti negli occhi?

A che proposito far le budella cinquanta palmi lunghe, accioché peniamo tutto un giorno fin che il cibo si rassetti, si prepari e si smaltisca, e il gargarozzo, per lo quale sentiamo il gusto e l'esquisitezza de' cibi saporiti, di tre diti? ch'appena mangiato un boccone, cala giú, sparisce subito, come si mangiato non l'avesti?

udir convienmi ancor come l’essemplo e l’essemplare non vanno d’un modo, ché io per me indarno a ciò contemplo». «Se li tuoi diti non sono a tal nodo sufficïenti, non è maraviglia: tanto, per non tentare, è fatto sodo!». Così la donna mia; poi disse: «Piglia quel ch’io ti dicerò, se vuo’ saziarti; e intorno da esso t’assottiglia.

Ma, se non me ti togli dinanzi, cosí donna come sono, ti caverò cotesti occhi con i diti, e ti strapparò il naso dalla faccia con i denti; e me ne insanguinarei insino all'unghie, cane ingrato e disconoscente. EROTICO. O che tu sei fuora di te o che ti sogni? che diavol t'ho fatto io, che non puoi temprar la lingua dall'ingiurie e narrarmi il fatto come passi?