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Aggiornato: 25 giugno 2025
È, oltre a questo, fatto onore ad alcuni, li quali per loro meriti nol ricevono, ma per alcuna dignitá loro conceduta, o per la memoria de' lor passati, o forse per la loro etá: questi sono, andando, messi innanzi, posti nelle prime sedie, e in simili maniere onorati.
Ora t'ho mostrato, carissima figliuola, una sprizza de l'excellenzia loro: una sprizza, dico, per rispecto di quello che ella è; e narrato della dignitá nella quale Io gli ho posti, perché gli ho electi e facti miei ministri.
E non tanto che essi offendessero me e la loro dignitá, ma, se dessero el corpo loro ad ardere, non lo' parrebbe potere satisfare a tanta grazia e a tanto benefizio quanto hanno ricevuto, però che a maggiore dignitá in questa vita non possono venire. Essi sonno e' miei unti, e chiámoli e' miei «cristi», perché l'ho dato a ministrare me a voi.
Unde tu vedi che, creando l'anima a la imagine e similitudine mia posta in tanta dignitá e bellezza, Io l'acompagnai con la piú vile cosa che sia, dandole la legge perversa, cioè legandola col corpo formato del piú vile della terra, acciò che, vedendo la bellezza sua, non levasse il capo per superbia contra di me.
E se tu mi dimandassi: Un altro, che non abbi scienzia, può giognere a questo amore? sí bene che egli è possibile che egli vi gionga; ma veruna cosa particulare non fa legge comunemente per ogniuno, e Io ti favello in generale. E anco ricevono maggiore dignitá per lo stato del sacerdote, perché propriamente lo' fu dato l'officio del mangiare anime per onore di me.
O ciechitá umana, che non guardi la tua dignitá! ché di grande se' facto piccolo, di signore se' facto servo della piú vile signoria che possa avere, però che tu se' facto servo e schiavo del peccato, e tale diventi quale è quella cosa che tu servi. El peccato non è cavelle: adunque tu se' tornato non cavelle. Hassi tolta la vita e data la morte.
E però sonno molto singularmente amati da me, sí per la dignitá nella quale Io gli ho posti, che sonno miei unti e ministri, e sí perché il tesoro che Io lor missi nelle mani non l'hanno sotterrato per negligenzia e ignoranzia: anco l'hanno riconosciuto da me, e exercitatolo con sollicitudine e profonda umilitá, con vere e reali virtú.
Oh! misero, e Io t'ho posto in tanta dignitá perché tu serva solamente a me, te ed ogni creatura che ha in sé ragione!
Il novello imperatore romano rimase in Roma il tempo d'inverno che soleva in qualsifosse cittá, da Natale a Pasqua; e non tornovvi mai piú. Aggravato dall'etá o dalla dignitá, dimorò poi quasi sempre in Aquisgrana sua capitale vera, la nuova Roma o futura Roma, come trovasi allor nominata.
Par lo' vedere; ed e' sonno ciechi, perché non conoscono loro né me. Non conoscono lo stato loro né la dignitá dove Io gli ho posti, né conoscono la fragilitá del mondo e la poca fermezza sua; però che, se 'l cognoscessero, non se ne farebbero Dio. Chi l'ha tolto il cognoscimento? la superbia.
Parola Del Giorno
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