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Aggiornato: 9 giugno 2025


«Gallina che canta da gallo, temporale o disgrazia» disse il cuoco, il quale, malgrado i suoi vent'anni di vita cittadina, non aveva dimenticati i proverbi del basso Novarese dov'era nato; e se ne andò canticchiando fra i denti una vecchia canzone burlesca: «Senza galletto, la mia gallina O poverina come far

Dagli occhi di quei polli vedeva che erano tutti impensieriti. Rispondevano cocò-cocò sullo stesso tono sommesso, poi tornavano a sporgere il capo colle pupille lucenti come fiammelle, ed il loro sguardo, ed il movere inquieto del collo parevano dire: Dove sono quegli altri? Quella stìa di nuovo genere non aveva beccatoio beverino. E il becchime? domandò il cuoco di casa Trestelle.

Sentite moto a tramandare? a quello dice l'abate, di pietá ripieno. Rispose Filinor: Mi sento snello, e fame ancora; e si toccava il seno. Dice l'abate al cuoco: Hai qualche piatto? E' c'è un cappon rispose tanto fatto. Reca il cappon. Filinor lo mangiava come un morsel, che non si torce un pelo. L'abate, i frati, il cuoco, ognun gridava: Miracolo, miracolo del cielo!

Flora non osava pensare ch'egli non fosse a riceverla per un sentimento cattivo; ad ogni stormire di foglie credeva di vederlo uscir fuori, tra pianta e pianta, e di sentir le sue mani sugli occhi. Ma la campanella del cuoco suonò il secondo segnale senza che Ezio venisse a scovarla dal suo nascondiglio, allora si rassegnò a entrare in casa.

Se gusto, se assaporo una vivanda gli è perchè io sono un essere superiore al bruto che inghiottisce gli alimenti per puro istinto; si è perchè io sono un uomo intelligente che voglio servirmi di tutti i sensi che l'Ente Supremo mi ha concesso; si è perchè voglio fare onore al Lucullo che mi ha invitato alla sua mensa e al cuoco che ha preparato le succose vivande.

Ora siccome la tavola era ampia, avveniva che noi nell'ora di pranzo eravamo in certo modo separati bruscamente. La prima a sottrarsi a questa catena fu Clelia, e un bel giorno alle frutta abbandonò il suo posto e mi s'assise d'accanto. In seguito fummo entrambi per il primo quarto d'ora stavamo alle leggi del cuoco; ma non più oltre.

Vieni qua, la mia bella bestiolina!.... Mi duole proprio di doverti ammazzare... Che vuoi?... Il padrone mi ha dato degli ordini precisi... Zitto! zitto, carino!... ecco!... tutto è finito!... E il mio cuoco gettò sul tavolo il galletto strozzato, lo coperse di un panno bianco, e accesa la pipa, andò in giardino a sdraiarsi sull'erba.

Secondo lui, non fu che il caso che lo fece trovare nella stanza ove un altro suo fratello scannava il terzo. In galera poi non si può pretendere di trovare delle mani immacolate. Una mattina che avevamo più fame del solito, lo aspettavamo andando in su e in giù per la camerata e gettando occhiate per il corridoio attraverso la spia. Ma questo cuoco?

Il cuoco, al quale tutti gli spettacoli veduti da Tangeri a Fez non avevano strappato mai altro che un sorriso di profonda commiserazione, si mostrò generoso coll'Imperatore. Questo dove, naturalmente, era Torino. Luigi, il calafato, benchè napoletano, fu più laconico.

Silvestro questa volta si volse alla Romea e le disse con fine ironia: Se vede il fattorino a cui il giovine di calzolaio ha raccontato ciò che ha udito dal padrone a cui l'ha raccontato il signore degli stivali, che l'ha udito dal parrucchiere, a cui l'ha raccontato il cuoco di casa A..., che l'ha udito dall'amico del cocchiere dell'Anonima... se lo vede, gli dica che io me ne congratulo proprio tanto tanto!

Parola Del Giorno

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