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Aggiornato: 7 giugno 2025
Il Morone si fermò di botto in faccia al Corvino, pensò un momento, poi disse: E che cosa basterebbe l'animo di fare a questo fratel vostro? Quel che può fare un uomo che è sostentato dall'ira, e che non bada a rovinar sè per salvare altrui. La buona volont
Il conte Mandello e il Corvino non avean voluto darle a compagno nessun uomo che potesse prestarle qualche soccorso in tali momenti, pensando che la sua disperazione abbandonata a sè stessa avrebbe fatto più che altro. E si apposero in fatti.
Il Morone si mise allora a sedere allo scrittoio, e il Corvino, uscito che fu, si recò finalmente a dormire il suo sonno nel solito covile al quinto piano, contentissimo del fatto proprio come lo era forse stato mai prima di allora.
Ora, alzando la testa, l'Elia Corvino aveva veduto entrar l'uomo del cancellier Morone, e benissimo lo aveva conosciuto, di modo che, appena costui, salutandolo, gli fece intendere avergli a dir due parole, tosto congetturando fosse mandato espressamente dal Morone medesimo, ed essendo contento di ciò, depose la penna, s'alzò, disse a quei suor clienti; torno subito, e s'avvicinò all'uom del Morone.
In questo stesso dì giunse l'Elia Corvino da Cremia, dove, per preghiera del Palavicino, erasi recato a confortare la Ginevra, e di mestissima ch'ella era, l'aveva lasciata tanto quanto lieta. Accortosi che nel campo era un gran pericolo, da principio non seppe che si pensare, poi quando udì la grave sciagura rimase come smemorato. Povera Ginevra, esclamò, qual colpo sar
Ciò detto, senz'altre cerimonie, si ritrasse e scomparve dietro l'usciale, che subito si richiuse. Il Corvino stato un poco sopra di sè pensando, chi mai esser potesse quel personaggio, fu interrotto ne' suoi pensieri dal servitore di camera che lo condusse fuori.
Quando Leone colla sua Corte saliva per lo scalone principale del castello, per un'altra scala entravano, sotto un atrio del primo piano, due uomini che noi conosciamo, accompagnati da un servo. Erano il Morone e l'Elia Corvino. Pervenuti innanzi ad un magnifico vestibolo, dove il servo si fermò indicando che quello era il luogo che volevano: Tu entrerai qui dentro, disse allora il Morone al Corvino; ho gi
Come ti dicevo, so che nelle Fiandre ve n'ha in buon numero, però confido che codesto tuo Corvino, qualora sappia fare, avr
Erano molti anni che l'Elia Corvino non respirava un'atmosfera pari a quella, e come si trovò avvolto fra tante cappe e robe e rasi e croci e gemme, pensando a quel ch'esso era veramente, e a quello per cui la natura lo aveva espressamente formato, si rodeva in sè stesso, e tanto più si rodeva in quanto pensava che, colla ricchezza fisica, se n'era ita anche la ricchezza morale; fu però una molestia che durò assai poco, perchè aveva tutt'altro a pensare.
Col nipote del Sion, coll'Elia Corvino, con forse un cento Lombardi, con altrettanti circa d'altri luoghi d'Italia, trovati in diverse parti della Germania o fuggiaschi volontari, o banditi forzati, desiderosi tutti d'un repentino mutamento di cose, con più d'un migliajo tra barbute svizzere e spadoni olandesi, e d'altri raccogliticci di Germania, Manfredo erasi partito poco tempo prima da Augusta dove il duca Francesco Sforza aveva ricevuto il giuramento di tutti.
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