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Aggiornato: 27 giugno 2025
I disgraziati, pur di continuare a vederla, a respirare un po' della sua aria, e nella speranza fors'anche d'ingelosirla, si mettevano a far la corte ad Evelina, alla quale toccavano così, di seconda mano, gli abiti smessi di Nora e i suoi amanti abbandonati. Essa viveva di riverbero, colla luce di quell'altra, ma intanto viveva. Evelina era bruttarella davvero.
La giovine sarta a la quale era morto il fratello nella fabbrica ove lavorava, era in casa. «Scala a destra, seconda corte, abbaino numero otto! informò il portinaio, dal deschetto, non smettendo di battere il cuoio d'una suola di scarpa. Attraversarono la prima corte; entrarono nella seconda.
Ma quanto men volea punire, tanto più romor ne fece, anche per riguardo alla corte di Roma. Un diploma del 23 marzo nel r. archivio di Napoli, reg. 1268, O, fog. 99, porta queste parole: che il re volea vendicare tal misfatto come se commesso in persona d'un suo figliuolo.
La mattina veniente, appena fatto giorno, fu visto il Luciani nella carcere di Corte Savella accompagnato da due vecchie femmine, o piuttosto furie, incamminarsi alla prigione di Beatrice.
¹ I due memoriali suddetti, notoriamente non i soli del genere, furono comunicati in copia dall'ambasciatore badese a Berlino alla corte di Carlsruhe.
Beatrice amava il sole di autunno, i raggi del crepuscolo, e le ombre lunghe dalla parte di occidente. Spesso, in compagnia della cognata donna Luisa, che aveva appreso ad amare come sorella, e reverire qual madre, si piaceva aggirarsi per le strade di Roma seguita dall'uomo nero e da due o più staffieri, giusta il costume delle patrizie romane. Certo giorno, andando esse, secondo il consueto, a diporto, riuscirono alla piazza Farnese: quinci proseguendo per la strada della Corte Savella giunsero nella via Giulia: a met
Il sire e la sua donna, ignorando la causa di tanta tristezza, per letiziarlo chiamarono alla corte i più famosi buffoni e danzatori della cristianit
Non credete, però, che io sia divenuta l'amante di Nino Stresa dopo poco tempo e per qualche bizzarra suggestione. No. Egli durò dei mesi e dei mesi a farmi una corte assidua, irrispettosa, circuendo la mia persona di un amore che mi offendeva, tanto era terra terra, e tanto pareva fatto solamente di desiderio. Niuno aveva mai osato guardarmi come egli mi guardava, niuno mi aveva mai detto quello che egli mi diceva! Invano, io mi armavo di freddezza e di alterigia; egli persisteva, ostinatamente, umiliandosi e allontanandosi, talvolta, ma ritornando sempre, più innamorato, più audace, più desideroso. Vi erano dei minuti in cui io lo odiava, assolutamente, per questa sua insistenza amorosa e per la monotonia di quello che egli provava. Pure, egli aveva, insieme all'audacia, tale una tenerezza fluente, tale una morbidezza di parole, di voce, di gesti, egli aveva, finanche, e di nuovo, e sempre, insieme all'audacia, tale una malinconia, che io, sbalzata nel mondo delle sorprese dello spirito, mi chinavo, ahimè, senza odio e con crescente interesse su quell'anima, a scoprirvi un fantastico mistero, a cercare le sorgenti ascose di quella espressione singolare. Nulla io giungeva a vedere, e come la curiosit
Galt notò l’uso anche lui, e se ne ricordò sempre²⁵⁵. ²⁵⁴ Lutti di corte, di nobili, ecc. ²⁵⁵ Hager, op. cit., pp. 118-119.
Il barone Giselberto, e la figliuola di lui Alberada si eran messi allora allora a mensa. All'annunzio di un pellegrino, entrambi scendon nella corte per riceverlo e menarlo al tinello. Il barone gli scioglieva i sandali per lavargli i piedi, la giovinetta lo confortava di differenti ristori. Goccelino rendeva loro mercè dell'ospitale carit
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