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Che adunque avviene? Che, per lo desiderio della salute sua, la divina bontá fa che, per la grazia salvificante, si muove Virgilio del limbo: il quale qui si prende per la ragione, per la quale noi siamo detti «animali razionali», o vogliam dire, per la grazia cooperante, o vogliam dire l'una e l'altra insieme; conciosiacosaché alcuno piú atto luogo in noi io non cognosca, dove la grazia cooperante mandatane da Dio si debba piú tosto ricevere che nella sedia della ragione; conciosiacosaché essa, dopo la grazia operante ben ricevuta, ogni bene in noi disponga e ordini, e con noi insieme adoperi.

Le quali cose in questa parte l'autore sotto il velame de' suoi versi intende, sentendo per Virgilio questa seconda grazia cooperante; e lui prende come sofficiente, per discrezione, e per iscienza, e ancora per laudevoli costumi atto a tanto uficio; e, oltre a ciò, percioché Virgilio, quantunque con altro senso, in parte trattò quella medesima materia, la quale egli intende di trattare; e ancora, percioché il trattato dee essere poetico, era piú conveniente un poeta che alcuno altro sublime uomo; e però prese lui, piú tosto che alcun altro, percioché egli tra' latini ottiene il principato.

E puossi quel mezzo il quale per l'autore s'intende, che è intorno all'etá de' trentacinque anni, moralmente prendere, secondo che in quella etá ogni corporale virtú è a sua perfezion venuta; e cosí, in qualunque tempo l'uomo si ravvede del suo mal vivere e al ben vivere si converte, si può dire ogni potenzia animale esser venuta in perfetta virtú; e cosí nella buona disposizione, aiutato dalla grazia cooperante, perseverando, va di questa virtú in altra maggiore, e di quell'altra in un'altra, tanto che egli perviene dove ciascun discreto disidera al suo fine di venire.

Ma, accioché noi cognosciamo qual fosse la grazia di Dio, dalla quale l'autore tócco si movesse a destarsi del sonno mortale, nel quale la mente sua era legata, e a ravvedersi in qual pericolo fosse l'anima sua è da sapere, come il «maestro delle sentenze» afferma, esser quattro grazie quelle che la divina bontá ci presta alla nostra salute: delle quali la prima è chiamata grazia «operante», della quale dice san Paolo: «Per la grazia di Dio io sono quello che io sono»; la seconda grazia si chiama grazia «cooperante», e di questa dice san Paolo medesimo: «La grazia di Dio non fu in me vacua»; la terza grazia si chiama «perseverante», della qual dice il salmista: «Et misericordia eius subsequatur me omnibus diebus vitae meae»; la quarta grazia si chiama «salvante», della quale si legge nell'Evangelio: «De plenitudine eius omnes accepimus gratiam per gratiam». Fa adunque la prima grazia, del malvagio uomo, buono, come nel Libro della sapienza si scrive: «Verte ipsum, et non erit»; e san Paolo dice: «Fuistis aliquando tenebrae, nunc autem lux in Domino». La seconda, cioè la cooperante, fa del buono, migliore; e di ciò dice il salmo: «Ibunt de virtute in virtutem». La terza, cioè la perseverante, ne trasporta della via nella patria, della quale dice l'Evangelio: «Qui perseveraverit usque in finem, hic salvus erit»; nell'Apocalissi si legge: «Quicumque vicerit, dabo ei edere de ligno vitae, quod est in paradiso Dei mei»; e in altra parte nell'Apocalissi medesimo: «Quicumque vicerit, faciam illum columnam in templo Dei mei». La quarta, cioè la salvante, secondo i meriti guiderdona i faticanti; di che l'Evangelio dice: «Quid hic statis quotidie ociosi? ite et vos in vineam meam, et quod iustum fuerit dabo vobis»; e san Paolo: «ut recipiat unusquisque secundum ea quae fecit». Di queste quattro grazie, delle quali ho alquanto parlato, percioché piú volte nel processo di questo libro se n'ará a ragionare, piú diffusamente se ne vorrebbe esser detto; nondimeno questo basti al presente.

E perciò intende qui l'autore di mostrarci come Iddio, il quale ha sempre gli occhi della sua pietá diritti a' nostri bisogni, ne mandi la sua seconda grazia, cioè la cooperante, con l'aiuto e colla dimostrazione della quale noi prendiam forza e noi medesimi ordiniamo; e, riconosciute con piú avvedimento le nostre colpe, nel timor di Dio torniamo, e della terza grazia, perseverando, ci facciam degni, e quindi della quarta.

Il quale movimento non si dee altro intendere se non un rilevarla dallo infimo e depresso stato nel quale lungamente tenuta l'aveano l'appetito concupiscibile e irascibile, e, lei sotto i piedi delle loro scellerate operazioni tenendo, aveano occupata la sedia sua; e questo per tanto tempo, che essa, non potendo il suo oficio esercitare, era tacendo divenuta fioca, cioè nell'esser fioca dimostrava la lunghezza della sua servitudine: e, cosí rilevatala, in essa pone la grazia cooperante, e parala dinanzi allo smarrito intelletto del peccatore.