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Il console nella Soria Giovanni Francesco Sagredo, raccomandava questo oratore persiano al veneto senato, in contemplazione della potenza acquistata dallo sh

Si procuri di ottenere dalla Porta che il console di Damasco possa stare in Tripoli pel governo dei mercanti. 1545, 11 febbraio. Il console di Damasco trasporti la sua residenza in Tripoli di Sorìa. 1546, 17 luglio. Venendo a morte alcun suddito veneto, debbano i consoli far l'inventario delle robe sue.

E non hanno torto. La carriera li preoccupa giustamente. Essi sono degli impiegati; anzi sono troppo impiegati. E la diplomazia non dovrebbe procedere alla stregua della burocrazia. La promozione e il trasloco degli agenti diplomatici dovrebbero essere soggetti a ben diverse leggi da quelle che regolano la promozione e il trasloco di altri impiegati dello Stato. Non può un diplomatico essere, supponiamo, vice-console ad Anversa, console a San Paulo del Brasile, console generale a Costantinopoli, segretario a Tokio, come un impiegato alle imposte dirette è commesso a Sassari e ricevitore ad Otranto. L'azione del diplomatico spazia nell'ambiente in cui egli vive, e deve essere diversa a seconda dei diversi ambienti. Un console non può limitarsi nell'Argentina o nel Brasile a dare ai suoi connazionali la sua protezione nella stessa misura e nella stessa forma con le quali le d

In quell'istesso giorno due carabinieri del drappello genovese si uccisero l'un l'altro a caso, e medesimamente due inglesi della legione. Giorno di malo augurio anche per gli spregiudicati. Se i polli non vogliono mangiare, vorranno bere, fece il console Appio Pulcro; e fattili gettare in mare appiccò battaglia coi Cartaginesi e la perdette.

Ma quando venne il Vice console, e con parole e modi umani mi dichiarò che il mio arresto era stato ordinato con dispaccio del Console generale in Tunisi, davanti al quale avrei potuto far valere le mie ragioni, m'arresi, e c'intendemmo. Egli proibì a que' manigoldi di legarmi, e permise che libero, ma con coloro dietro, andassi a casa per dare assetto alla mia roba.

Il console s'era seduto in adorazione del fuoco sopra un pezzo di tronco. Battistino, una delle guardie campestri con un ginocchio a terra cercava di far saltare un carbone acceso nel buco della pipa, mentre il signor Boltracchi, il segretario, scaldava le parti meno rispettabili della sua persona, voltando le spalle al focolare, colle gambe aperte come un compasso.

Non lo sa?... O poveretta me!... Non sa neanche s'è vivo? Per questo si cheti rispose la custode con voce raddolcita. È vivo.... Ah .... N'è ben sicura? Ieri era vivo.... Mio marito l'ha visto in piazza. Ha parlato con lui? E dov'è suo marito? Ambrogio è dal console... per quella bomba ch'è venuta in palazzo. Ah Gesù mio!

Hai ragione; che dirti? hai ragione. Ma andar contro a lui?... Sarebbe un tradimento. Impossibile! impossibile! E come ardirei io guardarlo in faccia? come rimetter piede in questa casa? Via, Fulvia, mia diletta Fulvia, che te ne giova, a te, di questi vani ornamenti?... Non sei tu bellissima tra le belle? Te ne supplico, non mi mettere a contrasto col console; io non sono da tanto.

Scemato un po' il caldo, la scorta di Had-el-Garbìa, il Console d'America e il Vicegovernatore di Tangeri, venuto l

La casa che occupavamo noi è abitata dal console di Grecia in Suez che aspetta di poter partire pel campo del re. È persona gentile e cordiale quanto mai, che appena saputo del nostro arrivo ci manda in regalo vino, cognac e qualche scatola di conserve. È inutile e impossibile dire con quanta festa le accogliemmo e con quanto gusto le divorammo.