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Aggiornato: 22 luglio 2025
I due occhi di lince del Nero fissavansi spesso sulle fisionomie del Comandante e del suo giovane amico.
Un proclama del comandante generale De Failly, che era stato preceduto in Roma dai generali Polhès e Dumont, fu affisso il 30 per le strade di Roma; esso era così concepito: «Romani! L'Imperatore Napoleone manda per la seconda volta in Roma un corpo di spedizione, per difendere il Santo Padre e il trono pontificio dagli attacchi delle bande rivoluzionarie. Voi ci conoscete da lungo tempo; noi compiamo soltanto una missione morale e disinteressata. Vi aiuteremo a ristabilire la tranquillit
Signor comandante, disse, la disciplina militare e la legge canonica m'impongono di obbedire ai superiori. Le vostre idee non contraddicono alla mia fede; soltanto non sono tutta la mia fede. La differenza fra ciò che voi volete e ciò ch'io credo verr
I migliori Savi avvicendatisi nell'amministrazione veneta della guerra, non mancarono di levare la loro voce contro la soppressione della carica di comandante in capo; mancanza che abbandonava quei magistrati a sè medesimi senza l'appoggio di spiccate capacit
L’opera dei calafati era a mala pena finita, e la caravella in pronto per navigare, quando ritornarono i messaggeri alla costa, e riferirono al comandante supremo tutto ciò che avevano veduto nel loro viaggio entro terra. Era quel giorno il 5 novembre.
Domandato che cosa avesse osservato nell'Imperatore, stette un po' sopra pensiero e rispose sorridendo: Aggio osservato ch'a stu paese manc' u Re porta i' calzette! Il più comico fu il Ranni. Che cosa t'è parso del Sultano? gli domandò il Comandante. M'è parso, rispose francamente e colla maggior seriet
Il comandante di guardia, legittimista francese, certo marchese di Pantantrac, colla galanteria che distingue codesti antichi privilegiati, e vedendosi davanti al chiarore della lampada certo volto di donna, da far impazzire qualunque uomo, il comandante, dico, dimenticò la consegna ricevuta, di non permettere l'introduzione di chicchessia, e con mille smorfie, si compromise di annunziare nel convento l'arrivo della bella incognita.
Ben detto! ha ragione il comandante! soggiunsero molte voci. Ma, io dico.... balbettava Geremia. Io dico che l'uomo.... È ubbriaco! proseguì un altro, daccanto al beone, dandogli sulla voce. Ubbriaco io? io che ho bevuto appena tre bicchieri di vino? Bevine un quarto, interruppe il Martini, e falla finita.
Il loro comandante, un grosso vecchio dalla barba bianca, d'aspetto benevolo, con un turbante altissimo, porse la mano all'ambasciatore dicendo: Siate il benvenuto! Siate il benvenuto! e quindi a noi: Benvenuti! Benvenuti! Benvenuti! Ci rimettemmo in cammino.
Lo vediamo ora, alla foce del Rio de los mares, risoluto di trovare quel benedetto Cubanacan, in cui Martino Alonzo, il comandante della Pinta, vedeva una semplice corruzione di Kublai-kan. Ignoravano ambedue una cosa risaputa più tardi: che i naturali di quei luoghi dicevano nacan come noi diciamo il «mezzo»; donde la conseguenza che Cubanacan significasse il mezzo, il centro di Cuba.
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