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Aggiornato: 27 giugno 2025
³⁹⁸ Iulian., 315, 4 sg. Giuliano, per cercar delle ragioni di conforto per lui e per Sallustio, si rivolge agli esempi degli antichi, e ricorda Scipione, Catone, Pitagora, Platone, Democrito, che tutti sopportarono con rassegnazione l’assenza degli amici. Poi, con un movimento che è proprio tutto retorico, pone in bocca a Pericle, il quale, partendo per la spedizione di Samo, dovette rinunciare alla compagnia di Anassagora, sebbene, anche lontano, continuasse a governarsi coi suoi consigli, un artifizioso discorso, di cui egli vuole applicare al caso proprio i lunghi ragionamenti. Chiuso lo scolastico discorso, così continua: «Con tali alti pensieri, Pericle, uomo magnanimo, liberamente cresciuto in libera citt
Ma, se tale non era l'animo tuo, chè non hai risposto al Console? A tuo fratello? Al grande Catone? Ah, in fede mia, bella scelta ha fatto la plebe romana! Un tribuno, che ha paura di dire il fatto suo ad un Console! Che parli tu di paura? Di' rispetto, amore, venerazione, per quel nobile uomo, le cui virtù io mi propongo ad esemplare in ogni atto della mia vita.
Otto giorni dopo i fatti descritti nel capitolo decimoquinto, Bruto e Catone non si trovavano più a Livorno: la loro ambizione aveva trovato il modo di collocarli in seggio più alto; il che a noi basta indicare, non ci volendo spiegare di più, poichè non scriviamo una storia, ma bensì un romanzo. E non ci faccia specie la celerit
Fu meno una guerra, che non un disarmamento e una distruzione; provocata da Catone e da quel suo continuo «delenda Carthago», che sarebbe stato piú generoso se detto contro un nemico piú forte. Scipione Emiliano condusse quest'ultima guerra punica, eseguí la distruzione . Né furono diverse l'ultima guerra greca, la distruzione della lega achea e di Corinto.
La potenza dei tre, che suol chiamarsi nella storia il «primo triumvirato», condusse la repubblica. Allontanarono Catone mandandolo a Cipro, ridotta in breve a provincia, ed esiliarono Cicerone. Ma Pompeo, che s'aiutava della virtú dell'uno e dell'eloquenza dell'altro, li fece in breve richiamare.
Mi persuado sempre più che l'uomo è il meno furbo degli animali commentò sogghignando il filosofo del Pioppino, mentre la carrozza attaccava al passo la strada dei colli, che si arrampica tra ville e giardini. Non far il Catone, vecchio selvatico protestò il Bersi. Cerca d'innamorarti anche tu seriamente d'una donna, e se sar
Ma come mai, mi direte, un sacerdote cogli abiti di funzione a quell'ora, in quel luogo infame? Eh! miei cari, sappiate che quell'uomo, sotto le vesti più venerande, altro non era che quel Catone, giovane scapigliato, che voi vedeste nel primo capitolo di quest'istoria nell'osteria dei Tre Mori.
Ah! ah! il tempo è venuto; per me lo dico e lo sostengo: via via quelle brutte angherie dei tempi passati, viva il progresso, per Bacco! Catone pareva che prendesse tutta la sodisfazione a ghignare sotto i baffi con un pro' da far gola, pareva che non avesse mai riso a questo mondo e che si volesse sfogar tutto allora.
Poi ripensavo a Cicerone giovanetto, quando l'altro era canuto; alla caduta della repubblica preparata dalla guerra civile tra Mario e Silla, alla quale aveva assistito e attorno a Cicerone sorgevano le immagini degli oratori, degli uomini di stato più distinti della morente repubblica; le figure di Pompeo, di Cesare, di Antonio, di Ottaviano, di Bruto, di Cassio, di Catone, di Attico, di Agrippa e, finalmente, il ricordo della testa sanguinolenta di Cicerone stesso, esposta su quella tribuna, teatro un dì della sua splendida eloquenza.
L'invito della donna era stato secondato dalle mani di Narciso, il quale, afferrato colla destra per il corpetto Catone, lo forzò a sedere alla tavola, facendo altrettanto di Roberto. Costoro non fecero resistenza, ma misersi a ridere di quel riso scipito che è proprio degli ubriachi. Composta la lite, Narciso esclamò: Ma diavolo! Volevate far come Topo, il quale ha ammazzato Cacanastri e andr
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