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Garibaldi fu richiamato da Caprera per capitanarli; ed egli rispose subito all'appello, traendosi seco i suoi più fidi commilitoni. La sera pel 23 aprile due inviati austriaci presentavano al Conte di Cavour l'ultimatum del loro governo: «disarmo immediato, o guerra» e la risposta non poteva essere dubbia.

Garibaldi per avventura antivedeva lo svolgimento di questi eventi. Il suo più frequente ricordarsi di Caprera e un leggiero velo di mestizia effusa sul suo volto mi persuadevano ch'egli sentiva chiudersi anzi tempo il prefisso cammino. Non lo turbava volgare gelosia, cruccio d'ambizione insoddisfatta; folgorante di gloria, e, per naturale modestia, schivo d'ogni grandezza, affliggevalo la incompiuta eredit

Ecco una lettera che Garibaldi scriveva al figlio del martire Anconitano: Caprera, 22 dicembre 1868. Mio caro Elia, «Figlio del popolo, il padre vostro merita di essere annoverato tra i grandi Italiani. «Oggi, che si avvicina la caduta della tirannide papale noi dobbiamo ricordare agli italiani le vittime della sua ferocia e fra quelle una delle più illustri, certamente, Antonio Elia.

Si andava dall'Africa ove era stato due volte come corrispondente del Secolo al palcoscenico di una prima donna che ha fatto storia nel dietroscena di Caprera quando donna Francesca rimase col generale alla redazione di un giornale che si ricorda ancora a un periodo tumultuoso che egli sapeva rimettere in piedi tale e quale, colla data, cogli incidenti, cogli attori principali, sceneggiando il disastro o il trionfo coi colori di una tavolozza arciricca.

Vittorio Emmanuele dormiva sotto la vôlta del Panteon, deformato a tempio cristiano, in un silenzio di abbandono che i passi della guardia d'onore rompevano soli; ma Garibaldi vigilava ancora sullo scoglio di Caprera e Mazzini intendeva dai colli di Staglieno, mentre Cavour che li aveva entrambi avversati e battuti, riposava quasi dimenticato nel santuario di Superga.

Consegnato a Vittorio Emanuele il regno delle Due Sicilie e ottenutone in compenso la più nera ingratitudine , il Garibaldi salpò povero e solo da Napoli per Caprera, dopo aver fissato col Mazzini di fondare il giornale quotidiano l'Italia del Popolo e di promuovere una sottoscrizione a favore di Venezia e di Roma.

Vi rimase immolestato l'anno 1854: quindi con altro piccolo bastimento detto «L'Esploratore» si mise a fare la navigazione del piccolo cabotaggio. In uno di questi viaggi, colto da grosso fortunale nelle bocche di Bonifacio dovette cercare rifugio nel porto della Maddalena, e dimorandovi alcuni giorni, per la prima volta gli balenò l'idea di comprare una parte dell'Isola di Caprera.

Udillo il generale e rise; indi ripigliò: Per passare lo stretto ci fu mestieri girare mezzo Mediterraneo da Messina a Caprera, a Palermo, alle acque di Malta, a Melito, e Persano con due fregate gustava da Messina la musica delle cannonate borboniche contro i nostri tapini vapori da trasporto.

All'indomani, tutti ricevettero un avanzamento.... Malenchini restò colonnello.... ma agli avamposti, sulle sponde del fiume, sempre in faccia al nemico per tutto un mese! Ciò basta. Questa ingiustizia deve pesare sul cuore del lione di Caprera. Malenchini ha sempre fatta la guerra a spese sue; mai non toccò soldo. Egli è uno di quei quattro o cinque uomini che il conte di Cavour stimava.

Profittando della mia relegazione a Caprera ed ingannando come sempre tutto il mondo, il governo fece assicurare dai nostri stessi amici i Romani che bastava tirassero poche fucilate anche all'aria peché l'esercito italiano marciasse immediatamente su Roma.