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Aggiornato: 13 giugno 2025
GIACOCO. Se tu metti mano alla votte, io metterò mano alle bòtte pe sse spalle: schitto che ti muovi a far delle toie, quanno torno te faraggio provare che zuco renne cótena, pe l'arma delli muorti mei. Iacoviello mio, me ne vao; covernamitte. GIACOCO. Che hai vervesiato, chiattelluso, scummabruoccuoli, aguiento da cancari? CAPPIO. Il Cielo vi facci tornar presto!
Chesta è la casa de Coviello Cicula, appriesso la casa de Cola Pertola, la terza è d'Aniello Suvaro, la quarta è de Colambruoso e Iacovo dello Caso, appriesso veneno chelle caranfole e carafuorchi, appriesso stava la casa mia: ma chesta me pare taberna. CAPPIO. Bone compánie, volere fare brindese.
Ben sai quante volte t'ha pieno il corpo e fattoti mutar vesti come il serpe la primavera. LARDONE. Che vuoi dir per questo? CAPPIO. Giacoco, il vecchio, è gito a Posilipo alla vendemia, e noi siamo rimasti soli in casa.
Venuti vicino la casipola, smontarono; lasciarono i cavalli in custodia a uno di loro, si fecero all'uscio consunto, chiuso con un bastone, infilato per traverso in un cappio di corda macera fermato al buco della chiave, l'aprirono, ed entrarono. Dopo una mezz'ora, eccoti altre ombre sfilare nella nebbia: Ehi! Ehi! Smontavano, lasciavano i cavalli, ed entravano. Ciò sino a mezzanotte passata.
CAPPIO. Non siamo rovinati mentre siam vivi e vogliamo aiutarci. GIACOMINO. Io non so se son vivo o morto, né dove mi sia: son tanto attuffato nel mar delle delizie ch'io non so che mi faccia. Pensa tu, Cappio, che sei fuora di passione.
GIACOCO. Vao, ca no me coglia notte pe la via. CAPPIO. Mira avarizia di uomo, piatisce con i cimiteri e con i vermi e risparmia come non avesse a morir mai. GIACOMINO. Quanto piú invecchia l'uomo, tanto l'avarizia piú ringiovenisce: egli è cosí avaro come misero e cosí misero come avaro.
O me sopra tutti gli uomini felicissimo, s'io possedessi un tal tesoro! CAPPIO. Che ordinate che si facci? GIACOMINO. Or che l'assenza di mio padre ci porge la commoditá, vuo' che subito vadi a Salerno.
CAPPIO. Né io son libero di passione, che sapendo il padrone ch'io son stato l'inventore ed essecutore del tutto, non lascierá crudeltá che non voglia esperimentar contro di me.
CAPPIO. O buon Dieu de Grandazzo, o diavolo de Paliermo, chi è cheddo cornuto, caparrone, viddano, pezziente, che mi va facendo lo giorgiu? ca se nesco fuori, co no pontapiede lo ietto sopra li ciaramiti. Taliate, quante palole ha sto beccu castratu, moneluso.
GIACOMINO. Padre, m'avete a fare un'altra grazia, di perdonare a Cappio, perché io l'ho sforzato a fare quanto s'è fatto. E se Pseudonimo falsificò la sua persona, tutto fu per mia cagione.
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