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Aggiornato: 13 giugno 2025


Nulla era mutato in essa. Al solito posto c'era il solito banco, a cui con tanto suo fastidio Antonio stesso s'era provato, senza troppo buona riuscita, ad avviluppare con grazia cartocci di pepe e di cannella; dietro il suo paravento lo zio. Questi, come sempre all'udir entrar gente, sporse in fuori la testa e guardò chi fosse; vedendo suo nipote, egli arrossì di sdegno fino sulla fronte.

Non abbiam modo di vedere se la egregia Marchesa fosse, come pare, vedova e, come supponiamo, madre di quel giovane che in Roma incontrò la famosa avventura di strappare dalle unghie della gendarmeria pontificia l’amico suo Cannella; ma se era la madre, essa deve aver presa molta cura dell’ardito e sventurato abate, quando egli potè impunemente ritornare a Palermo.

Oltre di questo, il Regno tiene di bisogno di tutte cose di speziarie, dico delli principali semplici, come sono reubarbaro, agarico e altri semplici, e d'alcune cose composte, come sono teriache, mitradi e altre, quali quasi tutte vengano da Venezia. Cosí ancora tutte cose aromatiche, come pepe, cannella, garofani, noci moscate, zenzero, mirra, incenzo, storace, belzui e infinite altre.

Per quanto breve e leggiera, questa pagina può servire a punto di partenza per comprendere l’ambiente letterario d’allora. E anzitutto: è innegabile che in Sicilia non si conoscesse neanche di nome l’ufficio di editore nel senso moderno della parola e in quello che in Francia avealo trovato l’Abate Cannella.

Il Cannella, Presidente del Fascio, intelligente ed energico quanto mai, vide tutta la desolazione dello abbandono delle case e tutto il pericolo di tanti uomini armati e risoluti, che avevano preso la campagna e conscio com'era della loro innocenza li consigliò a ridursi nel villaggio.

Sonavano le dieci. Nella caldaia sul fuoco del camino bolliva un brodo di dentice, condito con peperoni rossi e cannella; pronta a friggere i totani era la padella, e la cuoca gi

PEDANTE. Perché sei un forfante che ad altro non pensi che mangiare. LARDONE. Come si parla di mangiare e di bere, sono un forfante; come non darmi da mangiare e bere, son piú che fratello carissimo. PEDANTE. Ti vorrei attaccar la bocca con una cannella piena di vino e lasciarti bere fin che crepassi; e dire: Vinum sitisti, vinum bibe. LARDONE. O che crepar dolce!

Voi dovrete conoscere la storia di quel banchiere tedesco, che avendo ricevuto Carlo V in casa sua allumò il fuoco della camera imperiale con le lettere di cambio firmate da S. M. e ne intrattenne le fiamme con legno di cannella. Io farnetico di Carlo V. Gusto forte il banchiere. Se vi spaventate, gli è ancor tempo di ritirarvi. Tu credi, bella mia?

⁴¹⁰ Cannella, Lettere, pp. 42-43. ⁴¹¹ Villabianca, Diario ined., a. 1797, p. 191. Questo nobilissimo cicisbeo era il Principe di Roccaromana Capua.

Quello spirito irrequieto che fu l’ab. Salvatore Cannella, tornando dalla Francia, dove l’arditezza delle opinioni avealo sbalestrato, in una opericciuola di Portraits espresse certi suoi giudizî sopra i maggiori scrittori siciliani della fine del secolo⁴¹². Quei giudizî sono un misto di buono e di cattivo; e lo Scin

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