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Aggiornato: 16 giugno 2025
In quell'epoca circa giunse laggiù il primo architetto. Era italiano, milanese. Poi altri lo seguirono. A questi nostri compatriotti si debbono le pi ime costruzioni civili di Buenos Aires. Gi
Ma è la miseria che li spinge ad emigrare: lo dice anche la Guida dell'Emigrante Italiano alla Repubblica Argentina. Pare quasi che la giovane America ci stenda una mano caritatevole, a noi vecchi miserabili, prendendoci un po' di braccia. Ah! la nostra miseria, noi la gridiamo. E la miseria d'America, della terra promessa? E gli scioperi argentini? E i diecimila disoccupati di Buenos Aires? E coloro che tornano da laggiù sfiniti, con la volont
Le opere pubbliche di Buenos Aires sono state pagate molto ma molto al disopra del loro valore. Centinaia d'intermediarî vi si sono arricchiti. I ministri divenivano arcimilionarî.
La dama si volse sdegnosamente rispondendo: «Sappiate, signore, che soltanto a Buenos Aires e a Parigi si può ammirare una simile cosa!» Poche signore bonearensi avrebbero dato altra risposta. Parigi è nella loro mente il compendio di tutto il bello e di tutto il buono che possegga l'Europa. Esse non hanno altra ambizione che di rassomigliare a delle parigine.
I Municipî stanno peggio dei Governi. Il Municipio di Buenos Aires, in stato di semi-fallimento, e posto perciò sotto una specie d'ufficio di tutela, è divenuto quasi insolvibile per la massa dei suoi fornitori quasi tutti stranieri molti de' quali, visti i loro contratti violati, hanno inviato alla Intendenza di finanza una protesta, che è una vera requisitoria contro l'amministrazione.
Giuro a Dios que piú guadagnarite con á mi que con el primo gentil ombre de esta tierra; y, aunque vos paresque cosí male aventurade, io son de los buenos y bien nascidos ydalgos de toda Spagna. PASQUELLA. Un miracolo non ha detto signore o cavaliere! poi che tutti gli spagnuoli che vengon qua si fan signori. E poi mirate che gente! GIGLIO. Pasquella, tomma mia amistade, que buon por á ti!
Secondo le cifre più recenti, gli alunni che frequentano tutte le quindici scuole italiane di Buenos Aires, compresi gli asili infantili, sono 2855.
Parigi è l'unico termine di paragone con Buenos Aires; giorni sono, al «Grand Prix» di trentamila pesos all'Ippodromo, un diplomatico che potrebbe anche essere italiano diceva ad una signora argentina moglie del direttore d'uno dei migliori giornali bonearensi, accennando all'elegante concorso: È un bellissimo spettacolo che forse nemmeno da noi è dato di vedere spesso!
Ma la fatica, il caldo e la sella incomoda ho presto dimenticato laggiù nel fresco patio della villetta rosa, dondolandomi nell'amaca. E pensando alla vita della prateria ho provato una grande compassione per me stesso che andavo a rituffarmi nella vita sociale, laggiù a Buenos Aires. Bella cosa esser gaucho!
Oggi vi sono quindici scuole italiane a Buenos Aires. È confortante. Ma osservandole si vede subito che queste scuole sono troppo per numero e troppo poco per forza, e che i loro risultati non sempre sono quelli che potrebbero sperarsi. Non basta fare una scuola; bisogna guardare anche un po' a che cosa deve servire; occorre sempre proporzionare l'intensit
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