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Aggiornato: 9 giugno 2025
I fumi del vino e l'atmosfera calda del locale, perchè poco aerato, facean gradito ai nerboruti interlocutori, lo starsene in maniche di camicia, e anche colle maniche rialzate sino all'ascella: licenze non vietate nel locale, veramente plebeo, e che servivano pure a facilitare una partita alla morra, ciocchè si eseguiva spesso, anche per nascondere alla moltitudine, sotto il manto del divertimento alcuna deliberazione importante. La terribile setta della camorra non ammetteva indugi. Potevasi, per esempio, giungere al banco della bella Giovanna, essendo profani, bevervi o mangiare qualche cosa seduti sulle panche e tavole esterne di cui gi
Si assise al banco; aprì, e lesse una, due e tre lettere, pacato in prima, poi precipitosamente; al fine, scorsele tutte, proruppe con orribile bestemmia: Felici tutti! Ah Dio! tu me lo fai proprio per dispetto.
Oh!... c'era don Peppino, quel negoziante napoletano arrivato non era molto.... Si diceva che in pochi giorni aveva venduta molta roba.... Ci avrebbe avuto proprio gusto a svaliggiarlo quel forestiere. Ma.... e i danari li lasciava nel cassetto del banco?
Quando c'era molta gente e il tabaccaio era in gran faccende, l'Errera entrava in bottega, guardava sul banco, nelle vetrine, dentro le scatole magari e crollava la testa, ripetendo malinconicamente: Non ce n'ha! E il Paglia stando sull'uscio: Ce n'ha? No: non ce n'ha.
ARTEMONA. E, per ventura, debbi veder tutti quegli animali, aspiti, bisce, tarantole e serpi, come se fossi in banco. PILASTRINO. Bene spesso. M'agghiaccio, poi, e m'affreddo e mi risolvo come la neve al foco e al vento nebbia, s'io sto, l'inverno, che non magni sempre e mi scaldi col vino. ARTEMONA. Siam piú d'uno.
Era presto detto; ma in che modo? Qui stava il busilli. Così pensando, Arturo s'era alzato dal banco e passeggiava per la camera, con le mani raccolte dietro le spalle e contando con gli occhi i quadrelli del pavimento. Ma i quadrelli non gli insegnavano nulla.
E quindi tornando al banco, con voce e gesti infelloniti di faccia al Moscati gridava: Su via, signor Presidente, battiamo il ferro quando è caldo: mettiamo a profitto lo sgomento che deve avere incusso il terrore nello spirito dell'accusata; sentiamo un po' in qual nota canti costei a suono di corda; e dardeggiava gli occhi contro Beatrice come lingua di vipera.
Il procuratore generale del fisco tacque, e si ripose a sedere. Il presidente allora sì volse al banco della difesa: Parli l'avvocato difensore. L'avvocato Leoni si levò in piedi.
La giovine era seduta dietro il banco, vicino ad Annetta. Il pallore dal suo viso nulla toglieva allo splendore della sua bellezza affascinante, tanto che Gabriele ne fu colpito al primo vederla e rimase tocco dalla grazia con cui l'accolse, quando entrò in negozio, credendolo un avventore.
A questo proposito ricordo di aver veduto questo spettacolo: un cocomeraro aveva inalberato sul suo banco un grande tricolore, sopra il quale era dipinta la dea dei cocomeri nei suoi tre colori naturali; con la scritta in trasparenza: Natura mi diè questi colori. Lo spiritoso cocomeraro faceva un degno richiamo!
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