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Aggiornato: 1 giugno 2025
Il duca di Balbek trascinava uno sguardo noncurante su quello splendido mazzetto, meditando un attacco sopra una magnifica Polacca, la quale, a sua volta, lo avviluppava del suo sorriso. Il principe di Lavandall stuzzicava i lunghi ricci neri di una giovine miss irlandese, che aveva l'aria innocente di Eva nel paradiso.
I voti di Morella restavano senz'eco. Le si ingiungeva, al contrario, di raddoppiare le sue imposizioni, le sue esigenze, e sopratutto le sue carezze. Lo scopo degli agenti del principe di Tebe era di ridurre il duca di Balbek al limite dell'indigenza, accollarlo al disonore.
Allora quel facchino di duca le mormorò all'orecchio ma non sì basso che io non l'udissi: Non tanta cortesia con quelle creature! La giovane indietreggiò, quasi si avesse toccato un colubro. Io li squadrai entrambi con insolenza, e dimandai al vicino: Chi conosce qui questo pezzo di tanghero? Zitto! fe' qualcuno: gli è il duca di Balbek, ambasciadore di un re non so dove!
Il duca, che conosceva la scrittura e le armi del principe, di cui era geloso, afferrò la lettera in un lancio, mentre Morella si dibatteva per riprendergliela. Balbek divenne eccessivamente pallido, gualcì convulsivamente la lettera. Nel tempo stesso, le sue unghie allividivano i polsi della sua amante.
I suoi occhi si velarono come il cielo negli istanti che precedono la bufera. Sembrava accasciarsi. Il sonno la guadagnava. Avrebbe voluto levarsi; ma quello sforzo la ravvicinò al duca, che si era collocato ad una certa distanza, discreto. Il mio ducato per un tappeto! sclamò costui di una voce velata. Bianca sorrise. La di lei testa s'inchinò sulla spalla di Balbek, che si abbassò.
Al punto, che io non mi lamenterei degli stivaletti rotti per andarlo a vedere. Lo compiango: tu ne farai un idiota. Ciò mi riguarda. Io pretendo farne un angelo del paradiso. Ma dimmi il nome della vittima che gittate nei miei artigli. È il duca di Balbek. Lo conosco... e l'odio. Come ciò? Un quindici giorni fa, io era sola sola in un palco agl'Italiani.
Tanto più che non si è neppur sicuri che quelle carte esistano ancora. Ciò è certo: esse esistono. Sarei indiscreto se domandassi a V. A. come ella ne ebbe la rivelazione! Per il mezzo lo più sicuro: dal padre d'Ebro, confessore di mio fratello. Possibile? L'è così. Io vado a raccontarvi tutto; ma procediamo con ordine. Il seguito della colazione di Bianca e di Balbek.
Vitaliana rispose arrossendo un po' della sua ignoranza che ella non era ancora stata nè agl'Italiani, nè all'Opera. L'anno passò così. Era il secondo anno dell'ambasciata del duca di Balbek a Parigi, ove egli teneva gi
Il duca di Balbek l'accompagnava sempre. Ed io mi penso che l'uomo cominciava a soppiantare il funzionario. Gli staffieri ed i bracchieri, che li seguivano in distanza, li smarrivano talvolta nel laberinto dei folti e nei sentieri della foresta, cui gli stessi guardacaccia visitavano di raro.
Se Vostra Altezza non me l'avesse detto, lo avrei indovinato che quella scritta usciva da un'officina clericale, ed era stata mandata da un sovrano. Ebbene, quest'infame lettera ebbe il suo effetto. Si dètte alla donzella il duca di Balbek per cavaliere di compagnia, ed il re Claudio rispose per un'epistola sul medesimo tono e stile. Vostra Altezza non
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