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Una bellissima signora bresciana, proprio quella dei «più begli occhi d'Italia», apriva in quel giorno la marcia. Giunta al letto di Aminta, entrò nella stretta, si avvicinò al suo capezzale, e gli domandò con la sua vocina soave come avesse passata la notte. Sognando di Lei; avrebbe risposto il 153.

Poi, rimontati a cavallo, scesero tutti verso greco, dietro la guida di Aminta, addentrandosi in una fitta selva di abeti e di faggi. Fu un'allegra discesa, dove soli i cavalli vedevano il sentiero, mentre i cavalieri dovevano guardarsi dai rami protesi che ad ogni tratto schiaffeggiavano il viso.

Aminta; un figlio per tuo padre. Darei, non una, cento vite per voi. Aminta non capì il discorso di Gino; ma neanche era necessario di capire ciò che si poteva mettere sul conto della commozione. Aiutò l'amico a salire in carrozza, gli strinse ancora una volta la mano, gli diede un addio affettuoso, poi fece un gesto al vetturino. E svelto! gli disse, ritraendosi dal montatoio.

Il passo era libero; due soli feriti; uno di essi Aminta, a cui era sembrato ricevere uno spintone al braccio destro, e che aveva creduto per di essere stato urtato da un compagno, nella furia del correre. A tutta prima non ne aveva fatto caso; ma poi, sentendo di non poter reggere il fucile, abbassò gli occhi a guardarsi la manica, e la vide strappata poco sotto alla spalla.

Notizie di casa tua; disse Aminta, separando la lettera di Gino da quelle dei Guerri, e consegnandola all'amico. No, rispose Gino, dopo aver dato una guardata alla soprascritta, non è il carattere dei miei. Ma dopo aver guardato il carattere, guardò anche il bollo postale. La lettera non veniva da Modena; veniva invece da Lucca.

Ma il nostro Aminta era il 151; non rispose che un «bene, grazie», come avrebbe fatto ogni semplice mortale, alla domanda di ogni semplice dama, e sessagenaria per giunta. Ha bisogno di nulla? domandò ancora la bella infermiera. , signora; osò dire Aminta. Di una notizia. Ah, bene! Mi dica; rispose ella, contenta di potergli esser utile in qualche cosa. Vorrei sapere... ripigliò Aminta.

Il carro dell'ambulanza andava con motto uniforme sulla grande strada maestra, che da San Martino di Pozzolengo metteva a Desenzano. Aminta rivide il bel lago di Garda, che sembrava un mare, ma che, scambio degli effluvii marini, portava quelli dei cedri e degli aranceti di Salò. Addio Lonato, dall'alto castello veneziano, che raffigura da lungi le immani rovine di una rocca ciclopica.

Aminta corse nella scuderia, a far sellare il cavallo di Gino. Per quel giorno, intanto, addio conversazione! Ci porti notizie, quando saranno ripartiti; disse il signor Francesco, stringendo la mano al suo ospite. Oh, sicuramente; non dubiti. Signore mie, compiangano un povero condannato, che deve obbedire al precetto. Cinque minuti dopo, era a cavallo, e Aminta lo accompagnò fin sulla strada.

Non mi resta ora che di pagarvi il conto. Perdoni, signor mio; disse il mugnaio, schermendosi. Come? Non si usa pagare il conto, alla vostra osteria? Si usa, ; ma in questo caso.... Ella non ha mangiato che una cattiva minestra.... E poi, il signor Aminta non permetterebbe. Ah, per tutti i... re della montagna, ed anche della pianura, questa è grossa davvero. E se io volessi darvi uno scudo....

Aveva fatto l'ultimo tratto di strada a piedi con quella belletta; era stanco, infangato, ma s'era fisso di aspettarmi. Indovinai che il buon prete aveva d'uopo di uno sfogo. Gli parlai di Aminta, supponendo che la separazione da lui fosse il motivo della sua afflizione. Mi disse che l'aveva lasciato felicissimo della sua nuova condizione.