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Aggiornato: 23 giugno 2025
Una sera che costui, addossato ad un davanzale di finestra contemplava malinconico tramonto, di sopra la sua testa, tra il merlato di una torricella, Cuno ed Alberada favellavano. Le loro parole non si udivano distinte, nè le pronunziavano tutte sul medesimo tuono. Ma Goccelino ne udì tanto che l'anima si senti lacerare e rivivere nei feroci affetti. Cuno, per compiutamente salvarla da suo fratello, raccontava alla fanciulla normanna la storia di Bertradina. Goccelino non proferì motto. La sera si addimostrò anzi lieto più del consueto e più facondo; al fratello, che immaginava gi
Alberada si accosta ad un gruppo di questi disattenti, e loro dice: Buona guardia, bravi soldati. Si passano le ore di pace allegramente: non è così? Venga, padre, venga con noi a bere un gocciolo. Non vorr
Ugone resta a considerarla un momento, poi sospirando dimanda: Ed al papa che recherai in risposta, sventurata! che recherai? Alberada alza gli occhi al cielo, accenna della mano il suo capo, e risponde con nobilt
E me e questi signori dovete convincere, che tanto voi come il priore di Lacedonia diceste il vero, quando dichiaraste Alberada ripudiata per gelosia.
Ed in fatti un rumor sordo e confuso, maggiore del consueto, per la rocca si udiva un rumore di voci molte che favellano sommesso, di armi che si urtano. Eran forse le scolte che si mutavano. Così pensò da prima Alberada e proseguì nel corso delle sue malinconiche meditazioni.
Ciò non è vero, interrompe di nuovo Gisulfo. Io l'attesto, io lo giuro, grida l'altro. Le lagrime di Alberada, baroni, chiedono vendetta; voi lo farete. Sì, voi la farete, grida Baccelardo anch'esso in un impeto irresistibile, perchè suo padre non è più dopo otto giorni dalla partita della figliuola moriva di languore nel castello di Cariati che gli avevano dato a guardare.
I legati dunque che papa Gregorio mandava a Roberto Guiscardo ed al principe di Salerno erano Alberada, camuffata della cocolla di frate, sì che pareva giovanissimo novizio, e l'abate Ugone di Cluny, entrambi incaricati di missione diversa.
Ora tu mi vieni a dimandare più che il mio sangue, più che la mia vita, tu mi vieni a dimandare la gioia mia, il mio conforto, la mia preghiera, la mia speranza; l'angelo mio, la mia madonna tutto insomma, tutto quanto può rendere deliziosa la vita di quaggiù, lieta quella del paradiso, e tutto questo per me è Alberada. Bene dunque, figliuolo mio, poggiati la mano sul cuore ed interrogalo.
Mai! sclama fra sè Alberada colpita, mio Dio! che si richiede dunque da me?
Se l'avessi veduta, Guiberto, alla presa di Palermo! Giuro pel santo sepolcro che saresti dato in dietro della paura. Sicuro che uccise di sua mano meglio di cento Saracini. Qual differenza da quell'altra! sclama fra sè Guiberto, quasi meditasse le parole del duca Guiscardo, perocchè desso appunto era il cavaliere che precedeva. Alberada non reggeva alla vista del sangue.
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