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Avrei dovuto dire stupefatto, perchè quell'altro era il suo compagno d'arte; era l'uomo che aveva creduto opportuno di separarsi da lui, per non accompagnarlo a Pistoia; era Tuccio di Credi.

E senza attendere risposta si avviò per l'altra stanzetta; la signora Adelaide non sapeva che fare, se ubbidire subito o accompagnarlo per le scale colla candela, ma intese il passo della signora Veronica sul pianerottolo. Il vecchio era gi

Don Procolo credette nella sua malinconia di veder il presepio in lontananza. Bebi era il bambino, l'Erminia la Madonna, gli altri i Re Magi e Carlinetto San Giuseppe. E lui don Procolo, lui era l'asino, a cui è stato imposto di soffiare sui figli degli altri. Se il salotto di Carlinetto era caldo e rischiarato, non bisognava dimenticare che la neve cadeva sui tetti, sulle strade, sulle campagne, a seppellire i casolari dei poveri, che non sanno come ripararsi. Perchè non mandava, almeno lui prete, un pensiero d'amore ai bisognosi, ai mendicanti, ai malati, agli orfanelli pei quali non v'è pane panettone? perchè non usciva anche lui, sacerdote e padre dell'amore e della misericordia, a bussare a tutti gli usci dei poverelli e a portare un cesto di pane a chi non ha nemmeno la mostarda per accompagnarlo? Ma la gola tira l'egoismo e tutti e due insieme fanno l'asino del presepio cocciuto contro il bene. Una soave carit

Quando si svegliò, la carrozza entrava a Paullo. Il servitore avrebbe potuto accompagnarlo fino a Pievepèlago ed anche fino a Fiumalbo, dove, per andare a Querciola, sarebbe bisognato abbandonare la strada maestra. Ma il conte Gino preferì che Giuseppe ritornasse a Modena, tanto gli premeva di mandar sue notizie alla marchesa Polissena. E l

Essendo il tempo delle vacanze autunnali, m'offersi di accompagnarlo fino a Como; ma egli non volle accettare la mia compagnia che fino a Colico; e giunti col

Il marchese aveva offerto di accompagnarlo, ma egli aveva rifiutato. Nessuno aveva voluto, tranne il suo vecchio cameriere, che triste egli pure salì dietro la carrozza. Il marchese ed il curato, col cappello alla mano ed il viso commosso da un dolore così fiero e così fieramente sopportato, lo sorressero mentre montava in carrozza. Egli strinse loro la mano e gridò al cocchiere: A Parigi!

Marco le strinse la mano, la guardò qualche istante; indi sortì dalla stanza, soffocando un sospiro. Gabriella volle accompagnarlo sino alla porta. Ah! esclamò: chi mi avrebbe detto, quando sono venuta ad aprirvi, che dopo tanto tempo vi ritroverei sempre lo stesso?...

Venne nella mattinata, e invitò Miss Brown, sola, ad accompagnarlo alla vallata della Sarka. Miss Brown egli sempre così la chiamava accettò, pallidetta e quieta. Era una fulgida giornata estiva. La campagna era tutta accesa di papaveri rossi, come un cappello della festa da sguaiata provinciale. Il cuore di Miss Brown era triste. Parto stasera, disse il Selvaggio, alle otto e quaranta.

Così il dott. Güssfeldt nel sollecitargli il favore di accompagnarlo, ebbe cura di aggiungere: «J'ai assez d'expérience dans les hautes montagnes, pour pouvoir apprécier vos qualités extraordinaires, et vous pouvez être sûr que je vous causerai peu d'embarras, même dans des situation difficiles».

Fatto manifesto il suo pensiero al conte Galeazzo, lo pregò volesse accompagnarlo in quella gita da Reggio a Venezia, preghiera che fu esaudita senza ripeter parola, tanto più che al Galeazzo incresceva assai d'avere ad abbandonare così presto un tanto amico, per la cui vita aveva esposta la propria, e che poteva ancora essere minacciato da nuovi pericoli.