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Mi ripetè il suo spasimo, i suoi dubbii, il suo timore di riuscire ingrato agli occhi di Clelia; e poi che gli uomini temono sopra ogni cosa il ridicolo e lo vedono da per tutto dove il compasso non ha portato la sua misura, io compresi che Raimondo era torturato da questo pensiero.

Tale interpellanza era drizzata a quel Menclozzo Basabelletta, preso e torturato per cagione dei discorsi tenuti appunto in piazza dei Mercanti con Alpinolo, e che era venuto ad osservare quell'apparato per esclamare, L'ho scappata bellaNon aveva dunque voglia di rispondere, di commentare; e senza darsene per inteso, guardava al cielo e diceva: Bel tempo oggi: vuol durare».

Oh lo strazio che deve aver torturato il cervello di quest’eroe sul letto di morte!

Torturato dalla fantasia mi rimproverai di non essere corso prima nella Theresienstrasse a vedere se i balconi dessero qualche segno di una levata mattutina della famiglia. Avrei voluto corrervi allora, ma tremavo di non essere in tempo, ed esitai tanto che la cosa divenne impossibile.

All'oblivione si è condannati, quando si è vecchi! e noi per un pezzo andammo avanti, dimenticando Elia, il padre di Marzia, il torturato del Santo Ufficio! Dacchè egli aveva raggiunto i trecento alla partenza da Roma, la sua esistenza era stata macchinale al punto d'esser tenuto in generale per demente.

Immenso fu poi il suo stupore la mattina in cui si accorse che il sentimento di profonda tristezza dal quale veniva torturato da una settimana, non riguardasse se stesso e la inettitudine di raggiungere la giusta forma della sua opera d'arte, ma fosse invece vivissima partecipazione al disperato dolore di quella figura che cominciava a sembrargli persona viva, forse egli aveva voluto darsi una spiegazione del fenomeno per l'intensa e lunga contemplazione che gli faceva scorgere nell'opera non finita di abbozzare l'espressione che gli stava in mente e che avrebbe dovuto animarla se egli fosse riuscito a modellarla fortemente.

Dogava dal 1423, cioè dall'epoca delle ambizioni, delle conquiste, delle glorie di sua patria, Francesco Foscari, il piú glorioso principe che Venezia avesse avuto da Enrico Dandolo in qua. Eppure, fin dal 1445 gli era stato perseguitato, torturato, esiliato il figlio Iacopo, accusato da un vil fuoruscito fiorentino d'aver toccato danari dal Visconti.

Le scene di grande ebbrezza che, nei primi tempi, lo avevano torturato sino al delirio, adesso si allontanavano nelle brume della memoria: e tutto quello che era affetto, tenerezza, effusione di amore candido e buono, si faceva più preciso, più assorbente.

Ma quella donna era muta, fredda invincibile, come una sfinge di granito. Torturato nel profondo, pigliava un aspro diletto a torturare anche lei; mancandogli un fallo recente, almanaccava a rintracciarne un antico.

Egli rimaneva come impaurito, e cercava di allontanare la voce importuna. Ma il sollievo interno, quel senso di liberazione, diveniva ognora più distinto e vivo: s'imponeva. La passione che tanto lo aveva torturato moriva con la bella donna: il fascino che emanava da quel corpo sarebbe scomparso con esso; dileguato nel regno delle ombre. ... Oh! si, era un bene che fosse morta!...