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Non ho da render conto agli Dei; amo quell'uomo. Scendesse Apollo in terra, Apollo che è pure il dio della bellezza, della poesia e dell'arte, egli non avrebbe uno sguardo da me: non lo avrebbe avuto quand'ero ancor giovine, e bella davvero (posso oggi parlarne senza incorrere la taccia di superbia) e gi

Ma il fatto troppo si opponeva a questo suo desiderio, ed ora che il Palavicino era in sua piena balia e di lui potea fare ogni strazio, la scomparsa d'ogni ostacolo quasi gli fece smarrire ogni entusiasmo.... e d'uno in altro pensiero, cercò se mai si potesse trovare un modo di purgarsi della taccia di traditore, per far cessare qualunque accusa, e conseguentemente per togliere ai Palavicino, se fosse stato possibile, anche la grandezza della sua disgrazia.

La religione aveva fatto il suo tempo. Ma perchè non lasciarla morire in pace; perchè voler punire nella Chiesa gli altrui delitti? Cercò di allontanare il ricordo dei suoi sogni. La Chiesa è stata sempre il puntello dei troni; essa ha benedetto la guerra e sanzionato ogni sorta di ingiustizie sociali. Eppoi non poteva tollerare la taccia di vile. La Messa ha incominciato.

Io non saprei ben dir da che nascesse la ragion de' rimproveri in que' tempi, e perché l'ecclesiastico dicesse con fondamento a que' del secol «empi», e perché il secolare anch'egli avesse ragion di taccia a' direttor de' tempi. Non avea torto il vescovo Turpino, e non l'aveva Rugger paladino. Mancava la pietá ne' secolari, in conseguenza l'util della Chiesa.

Certo, gli storici ecclesiastici ci narrano alcuni episodi, da cui risulterebbe giustificata la taccia di persecutore attribuita a Giuliano. Ma, non bisogna dimenticare che quegli storici scrivevano un secolo dopo la morte di Giuliano, quando la leggenda si era gi

Lo trafitto 'l miro`, ma nulla disse; anzi, co' pie` fermati, sbadigliava pur come sonno o febbre l'assalisse. Elli 'l serpente, e quei lui riguardava; l'un per la piaga, e l'altro per la bocca fummavan forte, e 'l fummo si scontrava. Taccia Lucano ormai la` dove tocca del misero Sabello e di Nasidio, e attenda a udir quel ch'or si scocca.

Così, per leggerezza della moglie, una taccia d'infamia si apponeva al nome del principe. Egli avea i suoi difensori, ma più, com'abbiamo gi

Tutto lo diceva; i dolci lamenti di lei per la sua freddezza, le rare risposte, i fiori dimenticati, quella dedica appassionata che egli non si era menomamente curato di aggiungere al ritratto, e la taccia di esagerata, nella quale parola Marta rivedeva Alberto tutto intero. Egli non aveva amata neppure Elvira; non ricordava nulla, non aveva capito nulla.

Nel carnevale del 1866 io mi trovava a Milano. Era la sera del giovedì grasso, e il corso delle maschere era animatissimo. Devo però fare una distinzione animatissimo di spettatori, non di maschere. Chè se la taccia di fama usurpata, così frequente, e spesso così giusta in arte, potesse applicarsi anche alle feste popolari, il carnevale di Milano ne avrebbe indubbiamente la sua parte.

Il padre. Tutti! Ma di nascosto! E perciò ci vuol più coraggio a dirle! Perché basta che uno le dica è fatta! gli s'appioppa la taccia di cinico. Mentre non è vero, signore: è come tutti gli altri; migliore, migliore anzi, perché non ha paura di scoprire col lume dell'intelligenza il rosso della vergogna, l