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Delitti, e religione bugiarda. Cristo e il Diavolo legati in un mazzo. Stefano infermo, o finge per ammanire la guarigione miracolosa, la quale egli affermò essere accaduta in questo modo: gli erano comparsi davanti i santi Pietro, Paolo, e Dionisio col diacono e suddiacono; uno tiene la palma, l'altro lo incensorio. Dopo ricambiatesi non so quali cerimonie, Dionisio invitava Pietro a sanare il suo rappresentante in terra non senza adoperarci qualche parola risentita facendogli specie avesse mestieri dimando; e san Pietro punto dal rimprovero tingendosi un po' in rosso per vergogna annuì: la guarigione si fece in meno, che si mette a recitare un Gloria Patri, e san Dionigi accomiatandosi da Stefano gli suggeriva: sia con te pace; non temere, presto tornerai alla tua chiesa; ma prima fa di consacrare un'altare in voto ai due santi apostoli, e vi celebrerai una messa in riconoscenza della grazia ricevuta. Parve devozione, ed era alzata d'ingegno affinchè i popoli vi traessero in copia; mossi dalla novit

Indi favella Ildebrando a pro di lui; ed a suo consiglio, il popolo ed il clero lo riconosce, chiamandolo Leone IX. Ildebrando fu allora creato cardinale suddiacono della Chiesa e proposto del monistero di San Paolo. Di qui ei comincia ad influire negli affari ecclesiastici, e su tutto quanto fa questo pontefice.

E poichè ho nominato Alonso Cano, nativo di Granata, uno dei più valenti pittori spagnuoli del secolo decimosettimo, che sebbene discepolo della scuola sivigliana piuttosto che fondatore, come altri vorrebbe, d'una scuola sua, non è meno originale dei suoi più grandi contemporanei; voglio metter qui alcuni tratti della sua indole e della sua vita, poco conosciuti fuori di Spagna, ma singolarmente notevoli. Alonso Cano fu il più accattabrighe, il più iroso, il più violento dei pittori spagnuoli. Passò la vita litigando. Era ecclesiastico. Dal 1652 al 1658, per sei anni consecutivi, senza un giorno d'interruzione, litigò coi canonici della cattedrale di Granata, della quale egli era ragioniere, perchè non voleva, giusta i patti stipulati, diventare suddiacono. Prima di partire da Granata, spezzò colle sue mani una statua di sant'Antonio da Padova, che aveva fatto egli stesso d'incarico d'un auditore della Cancelleria, perchè costui si permise di osservargli che il prezzo che gliene domandava gli pareva un po' caro. Nominato maestro di disegno del principe reale, che, a quanto pare, non era nato col bernoccolo della pittura, lo aspreggiò in tal maniera, che lo costrinse a ricorrere al Re per esser levato dalle sue mani. Rimandato, per una grazia speciale, a Granata, presso il Capitolo della cattedrale, serbò così profondo il rancore degli antichi suoi litigi con quei canonici, che in vita sua non volle più dare una pennellata per loro. Ma questo è poco. Nutriva un cieco, bestiale, inestinguibile odio contro gli ebrei, e s'era ficcato in capo che il toccare in qualunque modo un ebreo o un qualsiasi oggetto stato toccato da lui, gli dovesse recare sventura. Con questa fissazione fece le più strampalate stravaganze del mondo. Se passando per la strada urtava in un ebreo, si levava issofatto il vestito infetto, e tornava a casa in maniche di camicia. Se per caso riusciva a scoprire che, lui assente, un servitore aveva ricevuto un ebreo in casa sua, cacciava il servitore, buttava via le scarpe colle quali aveva premuto l'impiantito profanato dal circonciso, faceva disfare e rifare, qualche volta, persino l'impiantito. E trovò modo di litigare anche morendo. Essendo ridotto in fin di vita, e presentandogli il confessore un crocifissaccio fatto coll'accétta perchè lo baciasse, egli lo spinse in l