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E perch'io sono in casa solo, ed abitavo in villa, non volsi lasciar mia figliuola in man di fantesche; ma la mandai nel monister di San Crescenzio, a suor Camilla sua zia: ove è ancora, ché sai ch'io tornai iersera. Ora io ho mandato il famiglio a dirgli che la torni. GHERARDO. Sai tu certo ch'ella sia nel monistero e ch'ella non sia altrove?

LAMPRIDIO. Dammi licenza, madre, che possa andar a veder Olimpia mia e confortarla, che per questi casi successi dubito che s'affliga. SENNIA. Eccoti le chiavi, ché l'aveva carcerata in una camera, e quivi pensava o attossicarla o che fusse suo perpetuo carcere e monistero. LAMPRIDIO. O Dio, e io era cagione di tanto male! quanto conosco che ti son debitore!

Ma Landulfo che nulla vede, continua: Baroni, per tredici anni ho condotta vita la più miserabile che fosse mai capitata a tapino. Ho veduto morire di freddo mia moglie, in una notte di gennaio, sulle scale di un monistero, arricchito da noi, e che ci rifiutò ricovero per paura di Roberto Guiscardo.

Siete monachine vestite di nero, avete nero cappuccione che vi cela il volto, sfilate silenziose dalla porta segnata di croce alla chiesuola. O monachine, io entrai sotto l'androne freddo del vostro monistero, e vidi una finestretta e su quella era scritto Parlatorio. Oh con chi parlate?

Ugo dunque fu accusato: il castello di Aginaldo due notti dopo sorpreso dagli armati di Adalberto, i quali violarono la fierissima vedova rimasta e poi la serrarono in un monistero a fare penitenza: assediato il forte di Gisalberto che lasciava due figliuoletti ed unica guida un maestro d'armi: Baldo ringhiò che sapeva e doveva resistere da , che i suoi capegli bianchì non aveva mai creduto gli avessero a dare la vergogna somma, e Baldo alzò il ponte levatoio giurando di voler uccidere Adalberto e il traditore dell'impresa.

Ed il suo Parc-aux cerfs, in casa di Lusetta, perchè egli era uomo e cappuccino. Quando cenava e passava la notte con la sua ganza, egli diceva alla Corte che andava a raccogliersi e meditare al convento, ed al convento, che dormiva alla Corte. La notte precedente però egli aveva realmente dormito nel suo bel nido al monistero, ed il mattino, dalle sette, si era recato a Palazzo.

Si principiava sempre così. Pigli caffè, don Dumi! domandò monsignore levandosi da tavola ed entrando nel salone. Ringrazio V. Ecc. Rev.ma. Ho preso or ora un cioccolatte abbominevole che mi strangola ancora. Il mondo va a tutti i diavoli. Oggidì, non è più possibile di essere ben servito che al monistero. L'è naturale, mio Dio, poichè codesti infami liberali proclamano i diritti dell'uomo!

Tant'altre cose mi raccomandò, finchè s'ebbe quella seconda impegolata a scuoiargli la faccia, e allora mi fece cenno che le labbra arsicce erano buone all'avemaria e ai paternostri, lasciò il castello e cercò un monistero. Se lo conobbi, quel valente Guidaccio!

Ho caro che me l'abbi detto. Vorrò che, di qua a un poco, mi vegga altrimenti. Ma dove la potrei vedere? quando tornerá dal monistero? CLEMENZIA. Alla porta Bazzovara. Or ora voglio andare a trovarla. GHERARDO. Ché non mi lassi venir con te, che andarem ragionando? CLEMENZIA. No, no. Che direbben le genti? GHERARDO. Io muoio. Oh amore! SPELA. Io scoppio. Oh bastone! GHERARDO. Oh beata a te!

LELIA. Ivi stando, d'altro che d'amor ragionare sentendo a quelle reverende madri del monistero, m'assicurai ancor io di scoprire il mio amore a suor Amabile de' Cortesi.