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Lo terzo, che di sopra s'ammassiccia, porfido mi parea, si` fiammeggiante, come sangue che fuor di vena spiccia. Sovra questo tenea ambo le piante l'angel di Dio, sedendo in su la soglia, che mi sembiava pietra di diamante. Per li tre gradi su` di buona voglia mi trasse il duca mio, dicendo: <<Chiedi umilemente che 'l serrame scioglia>>.

Al suon di lei ciascun di noi si torse, e vedemmo a mancina un gran petrone, del qual ne' io ne' ei prima s'accorse. La` ci traemmo; e ivi eran persone che si stavano a l'ombra dietro al sasso come l'uom per negghienza a star si pone. E un di lor, che mi sembiava lasso, sedeva e abbracciava le ginocchia, tenendo 'l viso giu` tra esse basso.

Questi parea che contra me venisse con la test'alta e con rabbiosa fame, si` che parea che l'aere ne tremesse. Ed una lupa, che di tutte brame sembiava carca ne la sua magrezza, e molte genti fe' gia` viver grame, questa mi porse tanto di gravezza con la paura ch'uscia di sua vista, ch'io perdei la speranza de l'altezza.

Lo terzo, che di sopra s’ammassiccia, porfido mi parea, fiammeggiante come sangue che fuor di vena spiccia. Sovra questo tenëa ambo le piante l’angel di Dio sedendo in su la soglia che mi sembiava pietra di diamante. Per li tre gradi di buona voglia mi trasse il duca mio, dicendo: «Chiedi umilemente che ’l serrame scioglia».

Nel monte che si leva più da l’onda, fu’ io, con vita pura e disonesta, da la prim’ ora a quella che seconda, come ’l sol muta quadra, l’ora sesta». Paradiso · Canto XXVII ‘Al Padre, al Figlio, a lo Spirito Santo’, cominciò, ‘gloria!’, tutto ’l paradiso, che m’inebrïava il dolce canto. Ciò ch’io vedeva mi sembiava un riso de l’universo; per che mia ebbrezza intrava per l’udire e per lo viso.

dinanzi a noi pareva si` verace quivi intagliato in un atto soave, che non sembiava imagine che tace. Giurato si saria ch'el dicesse 'Ave!; perche' iv'era imaginata quella ch'ad aprir l'alto amor volse la chiave; e avea in atto impressa esta favella 'Ecce ancilla Dei', propriamente come figura in cera si suggella.

Cio` ch'io vedeva mi sembiava un riso de l'universo; per che mia ebbrezza intrava per l'udire e per lo viso. Oh gioia! oh ineffabile allegrezza! oh vita integra d'amore e di pace! oh sanza brama sicura ricchezza! Dinanzi a li occhi miei le quattro face stavano accese, e quella che pria venne incomincio` a farsi piu` vivace,

Questi parea che contra me venisse con la test'alta e con rabbiosa fame, si` che parea che l'aere ne tremesse. Ed una lupa, che di tutte brame sembiava carca ne la sua magrezza, e molte genti fe' gia` viver grame, questa mi porse tanto di gravezza con la paura ch'uscia di sua vista, ch'io perdei la speranza de l'altezza.

Questi parea che contra me venisse con la test’ alta e con rabbiosa fame, che parea che l’aere ne tremesse. Ed una lupa, che di tutte brame sembiava carca ne la sua magrezza, e molte genti gi

Lo terzo, che di sopra s’ammassiccia, porfido mi parea, fiammeggiante come sangue che fuor di vena spiccia. Sovra questo tenëa ambo le piante l’angel di Dio sedendo in su la soglia che mi sembiava pietra di diamante. Per li tre gradi di buona voglia mi trasse il duca mio, dicendo: «Chiedi umilemente che ’l serrame scioglia».