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Quando scendean nel fior, di banco in banco porgevan de la pace e de l’ardore ch’elli acquistavan ventilando il fianco. l’interporsi tra ’l disopra e ’l fiore di tanta moltitudine volante impediva la vista e lo splendore: ché la luce divina è penetrante per l’universo secondo ch’è degno, che nulla le puote essere ostante.

e cominciò: «Le cose tutte quante hanno ordine tra loro, e questo è forma che l’universo a Dio fa simigliante. Qui veggion l’alte creature l’orma de l’etterno valore, il qual è fine al quale è fatta la toccata norma. Ne l’ordine ch’io dico sono accline tutte nature, per diverse sorti, più al principio loro e men vicine;

Oh abbondante grazia ond’ io presunsi ficcar lo viso per la luce etterna, tanto che la veduta vi consunsi! Nel suo profondo vidi che s’interna, legato con amore in un volume, ciò che per l’universo si squaderna: sustanze e accidenti e lor costume quasi conflati insieme, per tal modo che ciò ch’i’ dico è un semplice lume.

Fra l’idea ed il mondo dei fenomeni, Plotino pone lo spirito che, per una parte, è mosso ed illuminato dall’idea, per l’altra è a contatto col mondo corporeo da lui generato. Lo spirito è uno e molteplice insieme, uno in quanto è il soffio che anima l’universo intiero, molteplice in quanto raccoglie in tutte le anime parziali, le quali poi sono buone o cattive, a seconda che sentono o non sentono il desiderio di ricongiungersi e riconfondersi coll’unit

In te misericordia, in te pietate, in te magnificenza, in te s’aduna quantunque in creatura è di bontate. Or questi, che da l’infima lacuna de l’universo infin qui ha vedute le vite spiritali ad una ad una, supplica a te, per grazia, di virtute tanto, che possa con li occhi levarsi più alto verso l’ultima salute.

Così scendemmo ne la quarta lacca, pigliando più de la dolente ripa che ’l mal de l’universo tutto insacca. Ahi giustizia di Dio! tante chi stipa nove travaglie e pene quant’ io viddi? e perché nostra colpa ne scipa? Come fa l’onda l

Or vo’ che sappi che l’altra fïata ch’i’ discesi qua giù nel basso inferno, questa roccia non era ancor cascata. Ma certo poco pria, se ben discerno, che venisse colui che la gran preda levò a Dite del cerchio superno, da tutte parti l’alta valle feda tremò , ch’i’ pensai che l’universo sentisse amor, per lo qual è chi creda

ma perché piene son tutte le carte ordite a questa cantica seconda, non mi lascia più ir lo fren de l’arte. Io ritornai da la santissima onda rifatto come piante novelle rinovellate di novella fronda, puro e disposto a salire a le stelle. Paradiso · Canto I La gloria di colui che tutto move per l’universo penetra, e risplende in una parte più e meno altrove.

Nel monte che si leva più da l’onda, fu’ io, con vita pura e disonesta, da la prim’ ora a quella che seconda, come ’l sol muta quadra, l’ora sesta». Paradiso · Canto XXVII ‘Al Padre, al Figlio, a lo Spirito Santo’, cominciò, ‘gloria!’, tutto ’l paradiso, che m’inebrïava il dolce canto. Ciò ch’io vedeva mi sembiava un riso de l’universo; per che mia ebbrezza intrava per l’udire e per lo viso.

cotali uscir de la schiera ov’ è Dido, a noi venendo per l’aere maligno, forte fu l’affettüoso grido. «O animal grazïoso e benigno che visitando vai per l’aere perso noi che tignemmo il mondo di sanguigno, se fosse amico il re de l’universo, noi pregheremmo lui de la tua pace, poi c’hai piet