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Guardandosi nello specchio, mentre finiva la sua toeletta ed era ancora fresco di colori, di pomate, ed olezzante di profumi, egli capiva benissimo che il duca di Casalbara poteva, doveva scaldar la testa di una ragazzina poetica, un po' romantica, dal gusto molto fine e delicato, più assai di un rozzo contadinaccio!... E intanto che ammorbidiva col cold cream la pelle floscia, grinzosa delle sue mani, intanto che tagliava, limava, brillantava le unghie piatte e giallognole, egli vedeva riflettersi in tutti gli specchi il viso e la figura di Nora; di Nora bionda e buona come un angelo, viva e ridente come un folletto, di Nora, che si era appena destata con lui, appena alzata con lui....

Le otto grosse navi medicee stavano d'un bel tratto distanti fra loro, poichè negli intervalli erano frapposte le borbote e le piatte, alcune però delle quali tenevansi in una seconda fila formata dalle scorribiesse e dai battelli.

E togliamo ancora dai Tableaux de Paris di Mercier quest’ultimo meraviglioso quadro della vita libertina di quei tempi: «Alle nove di sera il rumore ricomincia... è la sfilata dello spettacolo. Le case sono scosse dal rullio delle vetture; ma questa confusione è passeggiera. È l’ora, in cui tutte le prostitute, la gola scollata, a testa alta, il viso illuminato, l’occhio ardito quanto il braccio, malgrado la luce delle botteghe e dei pubblici fanali, vi perseguitano nel fango con le calze di seta e le scarpine piatte. Si dice che l’incontinenza serve a preservare la castit

Venivano pure collocate bombarde e colubrine sulle Borbote e sulle Piatte, che erano barche di mezzana dimensione, ma assai basse e quasi a fior d'onda: le scorribiesse, le lancie, i navicelli non importavano lavoro di sorta, poichè non erano destinati che a contenere drappelli di schioppettieri, e di un corpo d'armati creato dal Medici, terribile specialmente nelle guerre sui legni, che si era di guastatori ed incendiarii.

Sotto il lume, agguantata al collo della bottiglia, la sua mano tremava come per impeto di sangue pulsante: sul dosso vi rigurgitavano le vene enfiate e le dita unte e vellose, terminate da unghie rose e piatte, lucevano del recente contatto della vivanda. Un alito impuro emanava da quella stanza e dai suoi abitatori, come un fiato di anime e di materie corrotte.

E così sorvegliando il nuovo domestico non tardarono ad avvedersi che vendeva l’avena, facendo digiunare il cavallo. Venne congedato. Subentrò Michele, uomo onesto, e abbastanza esperto nel servizio, ma un ubriacone di prima riga. Cesare lo seguì. Non si ubriacava mai, ma era un tal ghiottone che vuotava le casseruole sui fornelli, beveva il brodo e vi sostituiva dell’acqua. Anche questo fu messo alla porta. Ah! povero Mosè come fu rimpianto, come si deplorava la sua perdita ad ogni cambiamento! Finalmente venne Pasquale, un vero macaco, col muso delle scimmie antropomorfe: faccia rugosa, orecchie piatte, narici aperte, labbra sottili e bocca enorme, fronte ristretta, capelli neri ed irti come una spazzola. Aveva i difetti e le buone qualit