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Con accordi di dolcezza conturbevole, con arpeggi fluidi e preludianti, egli adescava la piccola Anne-Marie che lasciava giocattoli e racconti delle fate, e s'avvicinava, come attirata da un invisibile magnete.

Era questo il baccar di quel tremendo Popolo di pigmei. L'un l'altro, a un segno, S'aggruppâro, si unîr, si fuser tutti Come liquido bronzo, e una trifronte Furia formâr così gagliarda e fiera, Che immoto stette a contemplarla il mondo. Ella si scosse, e dietro a lei sparirono I secoli; diè un grido, e tremâr quanti Popoli e re. Tutto sia nuovo, disse, E fulminò: tempi, memorie, cose, Troni ed altari, uomini e dii. La terra Corse in tre passi; e a le rovine in cima, Fra un oceano di sangue eretto un trono, Lieta, guardando a l'avvenir, si assise. Come allor, che dai campi aridi e brulli Piomba co'l verno una tempesta, orrendo Romba il tuon, fischia il vento, a larghe falde Piove olimpo; i torrenti alzansi in fiumi, I fiumi in mar; crollan capanne e case, E ti par tutto, ove che il guardo giri, Un sepolcro di torbe acque la terra; Tal passò quell'Erìne; e, a quella forma Che, a le fiamme del Sol, bevendo i campi L'abbondevole umor, pullula intorno Fuor del morbido limo ogni diversa Vegetal vita, e variopinto e bello D'erbe intesto e di fior spiega il suo manto; Così da le rovine alte e dal sangue Germinâr cose e idee, ch'arbori or fatte, Dan riparo a le genti e frutti al mondo. Questi, ch'io noto con parlar fugace, Inclito Prometèo, son, tra' maggiori Fatti, per cui l'uman genere avanza, I maggiori e più illustri; e d'essi al raggio La speme del mio cor s'accende e cresce. Me più volte cacciò nei tenebrosi Baratri il Dio, che al suo fatale è presso, Ma invitto sempre ad altre prove io sorsi, E a l'estrema mi accingo, or che cotanto Spazia nel Ver de l'uman genio il volo. Però ti piaccia udir, come appuntando L'uomo industre e tenace il vario ingegno Or d'Iside nel grembo, or di stesso, Utili veri a la sua vita invenne. Qual dirò prima o poi? Correa su' ciechi Flutti il nocchiero, e nulla al dubbio corso Guida costante gli reggea la prora, Fuor che l'Orsa malfida e il vario sole. Mal securo ei fuggía gli alti, e la riva Con vigile tenendo occhio, il nemico Nembo tremava, che rapìagli il cielo. Ma poi che la virtù primo conobbe Del commisto magnete, il qual, sospinto Da un istinto d'amor, volgesi al polo, Un sottil, ben temprato ago ne trasse; Mobilmente il librò sovra a un diritto Fil d'intrepido ottone; entro una cava Ciotola il custodì tutta di puro Rame, e, co'l guardo al ben costrutto ordigno, Diede a l'agile prua certo il governo. Così per mari inesplorati, in traccia D'un pensier, che parea sogno e deliro, T'affidavi, o Colombo; e intenta e certa, Più de la punta del sottil congegno, Ch'oltre ai nembi scorgea l'artiche nevi, Lungi, lungi, oltre ai mari, oltre al confine, Dove il cielo si univa al mar crudele, Tutto un mondo vedea la tua pupilla. Esplorata così questa rotante Sfera, che intorno al Sol l'anno misura Più vasto al genio umano aere s'apría. Crescean genti e citt