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Il tempo non era mutato; lo stesso fumo rassegato di poc’anzi: pareva il tardo crepuscolo di un giorno di gennaio. E Lysbak? Dov’è Lysbak? Guardandomi intorno intensamente mi parve di scorgerlo a pochi passi smarrito nella nebbia. Era l

La famiglia dei Lysbak, la più antica di Gressoney la Trinité, è imparentata con tutti i centoottanta abitanti del paese, i quali d’altronde maritandosi pressochè sempre fra di loro formano una tale aggrovigliata matassa di parentele da perderne la testa gli avvocati, i procuratori, i giudici ed i notari.

A Gressoney-la-Trinité mancava un albergo; quella casa posta sul luogo dove riuscivano due importanti valichi alpini, pareva fatta apposta a comodo dei touristes; egli aveva venduto i prati all’intorno per raggranellar quattrini, perchè la casa bisognava finirla a modo, ed anche al pezzo abitato dai Lysbak occorrevano ristauri.

Lo steccato che spartiva l’aia era caduto; le due donne, non più padrone, pensavano non toccasse loro rialzarlo; il vero padrone trovava inutile levarne uno nuovo per poi riatterrarlo appena avveratasi la sua speranza ed a Guglielmo non pareva vero che rimanesse a terra, anzi, perchè era brutto a vedersi, una notte lo raccolse, lo fece in pezzi e portò i pezzi nel legnaio delle Lysbak.

Verso il 1830, quando Daniele Lysbak venne in possesso dell’eredit

Natale, superstizioso, pensava che suo padre era riapparso sulla faccia del mondo per comporre gli animi discordi, e lo disse; e le donne a commuoversi e ad abbracciarlo. L’indomani scese ad Ivrea e vi ordinò una bella colonna di serpentino portante nel mezzo una lastra d’ottone con suvvi inciso il nome di Daniele Lysbak e reggente una croce.

Poi raccolse la donna in casa propria perchè le mancavano i mezzi di rifarsi il tugurio. La vecchia aveva una figliuola andata domestica in Aosta, una bella ragazza sana come un pesce ed allegra. L’estate essa venne in paese a trovare la mamma e, di ragione, dimorò in casa dei Lysbak. Quando fu per partire.

La casetta a destra verso il torrente ed il corpo di mezzo, cioè la scala, essendo ultimate, il Lysbak era venuto a dimorarvi colla moglie e la figliuola, lasciando l’altra casetta così com’era, le muraglie ritte, le finestre senza telai, sbarrate soltanto quelle a terreno.

Bisognava pensare a mettere al sicuro quel poco che sarebbe rimasto a debito saldato, perchè quello era l’avere di Lena, di questa povera Lena così docile e riguardosa! Oh, se non avesse avuto quella figliola, essa avrebbe sostenuto senza pure un lamento, il rovescio; essa era avvezza alla miseria perchè, non arrossiva a confessarlo, era nata povera e cresciuta guadagnandosi il pane. Ed eccola raccontare la propria vita dal giorno che era entrata nella casa dei Lysbak. Chi era stato a levar Natale dall’ozio in cui viveva per metterlo al lavoro? Lo dicesse Natale presente, non era stata lei forse? E quando la vecchia, Dio abbia in pace l’anima sua, quando la vecchia predicava le economie, essa non le faceva eco forse? Non è vero Natale? Ma gi

Cresciute le strettezze, il Lysbak aveva dopo due anni venduta quella parte di casa ed i prati in giro al padre di Guglielmo, il quale, raffazzonatala alla meglio, ci aveva installate le sue venticinque vacche, la sua grassa persona ed una gigantessa di domestica, vero serventone da fatica. Guglielmo era allora caporale di artiglieria a Pisa.