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ogni basso pensier spento in noi giacque, e un dolce foco, e un bel disio celeste, quel primo ch'a noi gli occhi volgeste, ne le nostre alme alteramente nacque. Fortunate sorelle di Fetonte, ch'udir potranno a le lor ombre liete, i dotti accenti che vi ispira Euterpe! Potess'io pur con rime ornate e pronte com'è 'l disio, dir le virtù ch'avete! Ma troppo a terra il mio stil basso serpe.

Quale il fiume superbo, ove ancor piange Cigno sul caso di Fetonte indegno; O quale il Nilo sconosciuto o 'l Gange, Se 'l freno usato ha de le ripe a sdegno, Dilaga orrendo in gran diluvii, e frange Ogni argine, ogni sponda, ogni ritegno, E biade e selve e ciò, che opponsi intorno, Ne porta al mar su l'implacabil corno.

Per la quale promessa il detto Fetonte, per provarlo, cotal grazia gli chiese, che solamente un il suo carro gli lasciasse guidare; di che il Sole molto nell'animo suo fu crucioso.

E come quivi ove s'aspetta il temo che mal guido` Fetonte, piu` s'infiamma, e quinci e quindi il lume si fa scemo, cosi` quella pacifica oriafiamma nel mezzo s'avvivava, e d'ogne parte per igual modo allentava la fiamma; e a quel mezzo, con le penne sparte, vid'io piu` di mille angeli festanti, ciascun distinto di fulgore e d'arte.

Maggior paura non credo che fosse, Quando Fetonte abandonò gli freni, Per che 'l ciel, come pare ancor, si cosse

La Rivoluzione cominciò prima a correre soavemente, poi mise le ale, volò, imperversò con la procella dei cavalli del sole quando vinsero la mano a Fetonte; allora il terrore cadde su l'anima del Napoleonide e dubitò che la Rivoluzione non trattenuta dalle pianure del mare, lo menasse diritto diritto in mezzo all'Oceano, al cenotafio lasciato vuoto dall'arduo Zio; nell'angoscia del cuore egli si volse allo Spirito del passato, gridando: aiuto!

E io vestito da antico romano, Co' la corona d'oro su la fronte, Me facevo er mi' giro piano piano. Stavo sur carro come er re Fetonte; Co' l'érmo in testa, co' la frusta in mano... Parevo tale e quale Orazio ar ponte! So' rivato seconno, so' 'rivato! Subito che li possino ammazzalli Me diedero du' capre pe' cavalli, Come avevo da fa', Cristo beato?

Come la navicella esce di loco in dietro in dietro, si` quindi si tolse; e poi ch'al tutto si senti` a gioco, la` 'v'era 'l petto, la coda rivolse, e quella tesa, come anguilla, mosse, e con le branche l'aere a se' raccolse. Maggior paura non credo che fosse quando Fetonte abbandono` li freni, per che 'l ciel, come pare ancor, si cosse;

E come quivi ove s'aspetta il temo che mal guido` Fetonte, piu` s'infiamma, e quinci e quindi il lume si fa scemo, cosi` quella pacifica oriafiamma nel mezzo s'avvivava, e d'ogne parte per igual modo allentava la fiamma; e a quel mezzo, con le penne sparte, vid'io piu` di mille angeli festanti, ciascun distinto di fulgore e d'arte.

così, quasi di valle andando a monte con li occhi, vidi parte ne lo stremo vincer di lume tutta l’altra fronte. E come quivi ove s’aspetta il temo che mal guidò Fetonte, più s’infiamma, e quinci e quindi il lume si fa scemo, così quella pacifica oriafiamma nel mezzo s’avvivava, e d’ogne parte per igual modo allentava la fiamma;