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E quei risponde: a morte omai men volo, Sia 'l nome mio ne la memoria vostra, E fa conto tal'or lungo il bello Arno, Che bianca croce io non vestiva indarno. Questo commetto a la tua nobil fede, Perchè lo rechi a' miei consorti: chiaro Quì de gli assalti miei parte si vede.

Ma l'aurea luce, onde è cotanto adorno Par che repente in tetro orrore ei cange, Almo trofeo del memorabil giorno Che 'l cieco abisso ancor bestemmia e piange; Tra belle armi coruscando intorno Ei rassomiglia il Sol ch'esce dal Gange, E spiega l'ali da l'etereo polo, E contra i rei demon sen viene a volo.

Non ha trïonfo e pace Questo agitato vortice Di affanni e di piaceri. Come in silice abietta Prigioniera scintilla, Così l'anima, eletta A miglior sorte, ascondesi Ne la mortale argilla. Dio ve la chiuse; al solo Cenno del suo pensiero Ella discioglie il volo, Mesce il suo raggio a l'iride Del sempiterno Vero.

E quella pïa che guidò le penne de le mie ali a così alto volo, a la risposta così mi prevenne: «La Chiesa militante alcun figliuolo non ha con più speranza, com’ è scritto nel Sol che raggia tutto nostro stuolo: però li è conceduto che d’Egitto vegna in Ierusalemme per vedere, anzi che ’l militar li sia prescritto.

"Io siederò quì," osservò il Servo, "sino a domani " In quell'istante l'uscio della casa si aprì, e un gran piatto volò verso la testa del Servo, e gli sfiorò il naso, poi andò a sfracellarsi contro a un albero ch'era dietro a lui. " o sino a dopo domani, forse," continuò il Servo con la stessa imperturbabilit

Egli rivedeva l'insidiosa conca dei vulcanetti di fango, d'un color livido, senza un ciuffo d'erba, tempestata di monticoli umidicci, specie di pustole fredde stillanti un denso liquor di cenere. Egli rivedeva sul cielo infiammato il volo sollecito degli uccelli migratori, che gittavan le grida di richiamo ai dispersi dell'aria, fuggendo senza posa la plaga inospitale.

Vuoi ch’io ti regga al volo?... Oh, non tremare forte così.

Staccandoci adesso dal Palavicino, ci bisogna risalire qualche mese addietro per dar conto di quel fatto accennato di volo nella lettera del Morone al Guicciardini.

Vistolo, si licenziò dal Rucellai e discese di volo, e con que' suoi passi svelti lo raggiunse quando non aveva ancora svoltato il canto. Il Palavicino, mentre andava pensando a ciò che avrebbe detto per iscusarsi colla duchessa dell'assenza insolita, udì la voce del Morone il quale, chiamandolo per nome, gli diede un tuffo nel sangue.

Ma dal balcone Ella scorgea le frecce delle rondini a volo