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Qual fu la gioia lor quando in meschina Stalla videro nato il Dio lattante Al sen della Mortal, fatta Divina! Oh felice lo stuolo vigilante De' pastori che l'inno udiron primi, Nuncio alla terra del celeste Infante! Godo in pensar che allor fra que' sublimi Angioli avevi loco, Angiolo mio, Tu che guidarmi or degna cura estimi.

78 Lance, saette e spade ebbe l'usbergo a un tempo mille, e lo scudo altretante: chi gli percuote con la mazza il tergo, chi minaccia da lato, e chi davante. Ma quel, ch'al timor mai non diede albergo, estima la vil turba e l'arme tante, quel che dentro alla mandra, all'aer cupo, il numer de l'agnelle estimi il lupo.

ERASTO. Quanti impeti di precipitose voglie in un punto m'assalgono, so dove dar di capo! SINESIO. Erasto, tu qui sei? ERASTO. Cosí non vi fussi e che fussi morto dieci anni sono! SINESIO. Che cose ti traggono cosí fuor di cervello? ERASTO. Inganni, finzioni e tradimenti. SINESIO. Fermati un poco qui, narrami il tutto: forse non saran tali come gli estimi.

"Pare che Sua Altezza non estimi a proposito di mantenere le promesse, da lui e dalla regina, la quale or si trova nel sen della gloria, ricevute sotto la lor parola e sotto il loro sigillo. Opporsi al volere di lui sarebbe un lottar contro il vento. Io ho fatto tutto ciò che dovevo; lascio il resto a Dio." Spera di sole.

Alma felice, c'hai sola quel vanto aver di l'alta mente simiglianza, onde guardar mi puoi frontoso, altero, qual or ti fai, ché 'n me, codarda tanto, piú estimi questo raggio che l'orranza del dato a te sovra ogni stella impero?

Nel vero stoltissimo fôra colui, che dicesse le cose gravi ugualmente e senza alcuna differenza, ma secondo la falsa openione e umano giudicio, or scendere nel centro ed or salire a la circonferenza, conciosiacosaché qua giú sempre quelle da loro gravezza sospinte discendano, ma mai elevare non si possino se non per violenza e per altrui forza e contra loro natura; ancora che altrimenti estimi la nostra openione, la quale mutare non può le nature e proprietati de le cose, come colei che naturalmente seguitare dee, e la cui veritade pende e nasce da loro veritá, come apertamente si può vedere ne gli sopradetti esempi.

Or va; di tua virtude, quanta ella sia, varrommi, il che appieno dir potrò mio l'impero: io son frattanto, il mastro io sono in farlo mio davvero, l'alunno tu: fa ch'io ti trovi or dunque docile a me. Non ti minaccio morte; morir non curi, il so; ma di tua fama quel lieve avanzo, onde esser carco estimi, pensa che anch'egli al mio poter soggiace. Torne a te piú, che non ten resta, io posso.

SENECA Oh ciel!... Che ascolto?... Morte d'impeto insano esser de' figlia? OTTAV. A vile tanto mi hai tu, che d'immutabil voglia non mi estimi capace? Or, non è forse morte il minor dei minacciati danni? Ch'altro mi resta? di'. Tu taci? SENECA ... Oh giorno! OTTAV. Su via, rispondi: altro che far mi avanza? SENECA ... Mi squarci il cor... Ma, poss'io mai crudo esser da ciò?...