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Il dottore scrisse poche linee per lui, dando anche notizie rassicuranti intorno al suo stato di salute. Poi mise il foglietto nella busta, suggellò, aggiunse l'indirizzo; tutto alla svelta, a suon di tamburo; finalmente consegnò la lettera a un infermiere, perchè fosse gittata immediatamente nella buca, all'ingresso dell'ospedale. Adesso, dunque, riposate.

Mentre noi c'indugiamo in questi ricordi, Aminta Guerri è giunto a Brescia, ed è calato dal carro dell'ambulanza, davanti all'ingresso dell'ospedale di Santa Eufemia. Capitolo XIX. Sant'Eufemia! Si sentiva debole, il povero Aminta.

Un giorno alla richiesta d'Ida, uno dei serventi maschi dell'ospedale le recò una minestrina, ch'era stata concessa al Cantoni, dopo molti giorni di dieta e brodo; Ida ricevè il piatto dalla mano del servente, ed in quell'atto, un movimento convulso della mano maschile fece spargere sul pavimento alquanto del liquido contenuto nel recipiente.

Tratto tratto la campana dell'ospedale riprendeva a sonare a morto, e la suora rabbrividiva. Poi s'udì lontan lontano il fischio acuto della locomotiva sibilare fra i rintocchi lenti della campana. Il bambino alzò il dito, come per accennare quel suono ben noto, che gli richiamava tante storie e promesse serene di viaggi, e susurrò cogli occhi scintillanti e la bocchina aperta al sorriso.

Narra donna Marianna contessa Antonini di Udine come preposta da Malvina Gostabili di Ferrara alla cura dell'ospedale di San Giacomo in Corso essendovisi recata sul principiare del luglio insieme con la degnissima socera, appena entrata il Capitano Bagni di Ferrara, che l

Lo portavano via in fatti, dopo le constatazioni di legge, sopra una barella dell'ospedale; ma dal caffè non si vedeva nulla, non si vedeva che la schiena dei curiosi assiepati sotto le arcate e guardanti verso la strada. Passato che fu il triste corteo, la gente si disperse alquanto delusa.

Aminta Guerri, ultimo venuto a Santa Eufemia, fu il beniamino dell'ospedale. Triste famiglia, un ospedale; ma non dimenticate che si era nel 1859, in un ospedale di Brescia.

Ogni pollo aveva la sua razione indicata a quel modo, come la dieta dei malati sui letti dell'ospedale. Ce n'erano di grassissimi, immersi in una specie di sonnolenza ebete, come ghiottoni assorti nella beatitudine del chilo.

Finiti gli anni dell'Asilo infantile, fui ammesso al Conservatorio della Puerizia, dove pure avevo la minestra e la blouse. Un vecchio dottore dell'Ospedale Maggiore, il dott. Adamoli, mi conobbe come dottore dei poveri; ebbe piet

Un'onda di popolo erasi riversata sulle vie, e le madri popolane traevano in coda ai figliuoli guerrieri, spargendo lagrime e facendone spargere agli spettatori. Al ritorno un infermiere dell'ospedale dei feriti mi consegnò un biglietto di mia moglie così concepito: «Il Generale s'allontanò da Palermo; l'ambulanza ricevette l'avviso di seguirlo