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Sulla bruna pelle dell'arabo passò un fremito. A Fathma, articolò sordamente egli. , a Fathma. Come la trovasti tu? Mi pareva avere dinanzi... Voleva aggiungere una uri di Maometto, ma le parole gli morirono sulle labbra. Una bella donna, vuoi dire. Presso a poco. E come mai tu pensi a lei?

Al chiaror di un raggio lunare che cadeva sul campo, aveva scorto un mahari dal mantello nero lasciare la tenda dell'arabo Abd-el-Kerim e dirigersi a rapidi passi verso gli avamposti. Guardando con maggiore attenzione, vide sul dorso dell'animale un uomo avvolto in un gran taub bianco. Impallidì e le sue mani cercarono un'arma.

Avete udito, poco fa, un colpo di fucile sparato qui vicino? chiese il nubiano, gettando a terra tutta quella roba. Non inquietarti Takir, disse Notis. L'ho sparato io contro uno schiavo di Hassarn. Avete ammazzato Amr? L'ho veduto un'ora fa uscire dalla tenda dell'arabo. Gli ho fatto scoppiare la testa e poi l'ho seppellito. Ma lasciamo i morti e parliamo dei vivi, ora.

Perchè?... Credo di non dir troppo, se ti confesso che i suoi occhi mi hanno affascinato e che la sua voce mi toccò il cuore. Se fosse stato giorno Notis avrebbe potuto vedere le labbra dell'arabo contrarsi e la sua faccia diventare cinerea. Ah!... si sforzò di dire Abd-el-Kerim. «Quella creatura ti ha morso il cuore? Di' invece che vi ha gettato una scintilla dentro. E questa scintilla sarebbe?

Abd-el-Kerim era caduto in ginocchio e la guardava con due occhi che mandavano fiamme. Un urlo strozzato, furioso, partito fra gli alberi, lo fece saltar in piedi. Un freddo sudore gli bagnò la fronte. Chi è la? domandò egli con voce rotta. Fathma che aveva ascoltata la confessione dell'arabo senza battere ciglio, nell'udire quell'urlo erasi voltata come una iena, col pugnale in mano.

Notis, più impetuoso e meno padrone di , fu il primo ad attaccare, moltiplicando gli assalti, portandosi ora a dritta e ora a sinistra, turbinando come un lupo attorno alla preda, e avventando tremendi colpi sul capo dell'arabo che li parava senza muoversi di una linea.

Dove vai, Fathma? chiese egli all'almea. A quella casipola che vedi laggiù sull'orlo di quel campo di durah, rispose Fathma con voce dolce. Non occorre che tu mi accompagni, il leone che uccise il povero Daùd non mi minaccia più. Notis era disceso da sella e si era avvicinato al mahari dell'arabo.

Il popolo, naturalmente, parlando di quello ch'ella sa, faceva le frangie: diceva del greco, dell'arabo, del sanscrito, dell'astronomia, della matematica. Ma è vero che discorreva argutamente di cose lontanissime da ogni consuetudine di studi femminili, e non con quel parlar vago e spicciativo che è proprio di chi non sa altro che titoli e nomi.

Vieni con me, ritorna fra le braccia della tua Elenka che tanto ti ama. Un'ondata di sangue montò alla testa dell'arabo: si scagliò sulla greca ebbro di collera e cercò di rovesciarla, urlando come una belva inferocita. Dov'è l'almea? Dov'è l'almea? Tutti e due rotolarono l'un sull'altra. La greca se lo strinse contro il seno e invece di difendersi gli stampò sulle labbra un ardente bacio.

Ella posò una mano sul calcio di una pistola e l'altra sul pugnale passati nella cintura. Guardami in volto, Fathma, io sono Elenka la fidanzata dell'arabo Abd-el-Kerim!... Elenka! esclamò Fathma con accento feroce. Le due rivali si erano raccolte su se stesse come per islanciarsi l'una addosso all'altra; l'almea aveva impugnato l'jatagan e la greca aveva levata la pistola e l'aveva armata.