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Elenka, la tua fidanzata, che viene a salvarti. Tu!... Tu!... ruggì l'arabo con indefinibile accento d'odio. S'aggrappò ai muri come un pazzo, si alzò, si spinse innanzi barcollando, poi retrocesse come se avesse visto una spaventevole apparizione. Ah! esclamò egli ironicamente.

La faccia dell'arabo s'alterò visibilmente e girò il capo verso Elenka che tendevagli le mani supplicanti. Scosse il capo come un forsennato e s'allontanò vieppiù con un gesto d'orrore. Vattene, le disse. Ho spezzato e dimenticato tutto. La greca si raddrizzò come una verga di ferro fino allora piegata. I suoi occhi s'infiammarono d'ira e di vergogna.

Quando avrai finito, manda un fischio e io apparirò, disse il greco a sua sorella, dopo di che si allontanò a rapidi passi nella direzione presa dalla banda. Elenka se ne rimase , ritta, colle braccia abbandonate lungo il corpo, le ciglia aggrottate e come in preda a un profondo pensiero.

Dal fondo del corridoio venivano dei gemiti interrotti, del mormorii vaghi che andavano man mano crescendo per poi morire improvvisamente come se colui che li avesse emessi fosse d'un sol colpo morto. Chi è? chiese ella spaventata. Il prigioniero che muore di fame, rispose il dongolese. Miserabili!... Il greco così ha voluto. Tira innanzi, disse Elenka con aria minacciosa.

Dopo qualche secondo l'abbassò. E mia sorella? E la povera Elenka? E la sua fidanzata?... Ah! miserabile!... Eri tu quel rivale di cui mi parlavi! Ma da quando?... Come?... Come è possibile che egli abbia obbliata mia sorella?... Tuoni di Dio!... Per la seconda volta alzò il remington e per la seconda volta l'abbassò.

Cosa sei venuto a fare qui? Ti ho veduto parlare con un ribelle. Voleva sapere se Abd-el-Kerim era vivo o morto. Tanto interessa a te il saperlo? chiese ironicamente Omar. Non a me, ma alla mia padrona. A Elenka? Dove trovasi questa donna? Dove ha la sua tenda? Il nubiano non rispose e lo guardò con smarrimento. Takir, gli disse cupamente Omar. La tua vita è in mia mano; se taci io la spengo.

Subito dopo tre mahari accuratamente bardati vennero condotti vicino a Elenka che esaminava la batteria di una carabina Martini. Sorella, le disse Notis. Non tentare nulla contro l'almea se non vuoi che capiti sfortuna ad Abd-el-Kerim. Non temere di nulla: mi frenerò. I mahari vennero fatti inginocchiare ed Elenka e i due dongolesi salirono in sella.

Il sangue gli montava alla testa e gli circolava più rapido nelle vene, il cuore battevagli febbrilmente, i suoi occhi si fissarono involontariamente su lei, e, per quanto facesse, non riusciva a staccarneli. In mezzo a quelle emozioni che a poco a poco facevansi più forti, l'immagine abbagliante della fiera Elenka s'oscurava, sfumava, scompariva.

Trovò una lettera accuratamente suggellata che s'affrettò a leggere, valendosi del chiaro di luna, Ecco il contenuto: «Elenka,

Tu discorri senza riflettere, disse Abd-el-Kerim, rimettendosi prontamente, come vuoi che io, che adoro Elenka, trovi che un'altra donna, che non mi interessa punto poco, la sorpassi in bellezza! Hai torto di dubitare di me. Sono pazzo, amico mio, lo so, a dubitare di te. Orsù, riparliamo di Fathma. Come vuoi Notis. Sai innanzi a tutto chi è e da dove venga? L'ignoro.