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La contessa di Verdara, tra riluttante ed insistente, ma comprendendo di non dover chiedere di più, era scomparsa in fondo al corridoio; la signora d'Archenval, accasciata sul suo letto, con la faccia tra le mani, non dava alcun segno di vita e Massimiliana restava tutta allo schianto che la tragica prova le aveva prodotto.

Scorgendo dei sintomi di stanchezza nella signora d'Archenval, Rosalia di Verdara l'aveva fatta subito risalire in carrozza per raggiungere i due giovani lontani. Una sorda gelosia le era nata in cuore nel seguire le due figure di Massimiliana e di Ermanno procedenti l'uno a fianco dell'altra. Che cosa potevano dirsi?

Intanto che il conte ed Ermanno scendevano, il primo da cassetta, lasciando le redini al groom, e il secondo da cavallo, Rosalia di Verdara aveva chiesto alla signora d'Archenval se si fidava di fare due passi. «Mi proverò!..» aveva risposto la viscontessa, che il moto e l'aria dolce avevano animata, e le amiche erano anch'esse discese dal legno, di cui Ermanno aveva dischiuso lo sportello. Intanto che Giulio di Verdara si spingeva innanzi, al trotto del cavallo completamente rassicurato, la piccola comitiva si era messa in cammino, seguita a breve distanza dalla carrozza vuota. La contessa dava il braccio alla signora d'Archenval, e Massimiliana ed Ermanno si tenevano al loro fianco; ma ben tosto, per la lentezza con la quale la sofferente era costretta ad incedere, i due giovani si erano trovati inavvertitamente un poco innanzi. Tutta avvolta, nel suo mantello, con le braccia e le mani nascoste dentro di esso, la signorina di Charmory si perdeva fra quei larghi contorni e solo il suo profilo purissimo si disegnava sotto la toque d'una tinta scura. Restando solo per la prima volta con lei, una trepidazione crescente si era impadronita di Ermanno. Nel mentre qualche cosa di armonioso vibrava nell'animo suo all'imprevedibile fortuna di quell'incontro, egli avrebbe voluto esser lontano, tanto dolorosa finiva per essere l'emozione cagionatagli dalla vicinanza di Massimiliana. Poi, che cosa dirle, se non il sentimento che gli divampava dentro; di che cosa parlarle, se non dell'amor suo? Ma, al tempo stesso che egli si confermava nel proposito di non far nulla per dimostrarle ciò che provava, egli pensava alla difficolt

La presenza in Palermo del duca Gastone di Précourt e dei suoi amici, se aveva gettato in quello stato la signorina di Charmory e la contessa, se aveva ridestato le apprensioni della signora d'Archenval, aveva messo una animazione nella colonia degli stranieri. Unicamente occupato del mondo femminile, il duca aveva trovato nelle signore un valido appoggio per i suoi disegni di svaghi, e come il carnevale s'inoltrava, e gli stranieri delle Palme e della Trinacria erano stati oggetto di molte cortesie da parte dell'ospitalissima societ

Ermanno s'era lasciato sfuggire un moto di stupore. Egli sapeva che d'Archenval era un giuocatore appassionato; non sospettava però che fosse arrivato fino a quel punto, e i vincoli che univano Massimiliana al visconte erano troppo stretti, perchè egli non fosse dolorosamente colpito da quella notizia. «Non ha pagato!..» ripetè; ma, dopo una breve reticenza, aggiunse prontamente: «Il visconte è un gentiluomo; far

Ermanno si era messo a cavalcare dalla parte della viscontessa d'Archenval, alla quale, nelle poche volte che l'aveva incontrata, aveva dimostrata una simpatica premura. Le sue sofferenze, i rapporti che passavano fra lei e Massimiliana, gliela facevano considerare con raddoppiato interesse; e come la viscontessa aveva una volta dichiarata la sua passione per i fiori, egli gliene aveva mandato spesso interi canestri. La signora d'Archenval ricambiava cordialmente la sua simpatia, ed in quel momento stesso lo ringraziava, col sorriso un po' triste d'inferma, dei suoi doni gentili. Ermanno fissava di tratto in tratto lo sguardo sulla signorina di Charmory, che gli stava di fronte. Ella spariva sotto un mantello-veste di panno grigio con striscie di petit gris, e girava un'occhiata distratte per il paesaggio. La viscontessa, sepolta fra le pelliccie e i plaids su cui teneva dei mazzi di fiori campestri, aveva le magre guancie soffuse d'un leggero incarnato e respirava con le labbra un poco dischiuse, battendo spesso le palpebre. La sua figura disfatta formava uno strano contrasto accanto alla contessa Rosalia, che portava un mantello di lontra foderato di raso rosso e un cappello a barca di feltro muschio, e che, piena di salute e di vivacit

Giusto, la viscontessa d'Archenval riposava quel giorno sopra una sedia lunga, in una fase improvvisa di peggioramento; talchè, dopo essere stata un poco accanto a lei, come l'inferma si assopiva, Rosalia di Verdara potè passare con Massimiliana nella camera di quest'ultima.

Però, a giudicarne dalla loro vita di Palermo, i legami fra le due fanciulle quantunque maritata, la viscontessa d'Archenval aveva tutta l'aria di una ragazza non parevano molto intimi. La signorina di Charmory era quasi sempre con la contessa, in giro per la citt

Il quartiere occupato dalla famiglia d'Archenval all'Hôtel des Palmes si componeva di quattro stanze: le camere della viscontessa e della signorina di Charmory, contigue; un salotto intermedio che serviva anche di stanza da pranzo, e la camera del visconte, dal lato opposto. L'ammalata si levava tardi, quando il sole era gi