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Quel mercoledì seguente alla visita del Museo, la contessa avrebbe dato qualche cosa per dividere cotesta sicurezza. La forza dell'interesse personale è tanta, e il timore di non poterne conseguire la soddisfazione nasce e s'ingigantisce così facilmente, che le cose sulle quali si è fatto più grande e sicuro assegnamento, si vedono messe in forse ad un tratto. Un interesse ancora secreto e quasi incosciente persuadeva Rosalia di Verdara ad assicurarsi della propria seduzione; ma, più aveva bisogno di contar su di essa, più ne dubitava. Qualcuna delle sue amiche che si seguivano nel suo salottino le aveva detto, in un abbraccio affettuoso che era anche un mezzo di esaminar da vicino la qualit

«Va!... va!...» diceva mentalmente Massimiliana seguendola con lo sguardo. La presenza di un essere umano le era insoffribile. Che cosa poteva per lei quella moribonda?... La cameriera che aveva aiutata la contessa, tornava a chiedere notizie da parte della Verdara; ella la rimandava via con uno «Sto bene... sto meglio...» Si era passato un abito di casa, abbandonandosi sopra una seggiola, insofferente dell'immobilit

La prima impressione provata da Ermanno Raeli quando egli uscì dalla villa del conte di Verdara, fu di stupore. Abituati gli occhi alla luce delle lampade, aveva creduto che fosse gi

Dall'alto del cocchio, facendo schioccare continuamente la sua frusta, Giulio di Verdara entrava da parte sua, con qualche rapida esclamazione, a pigliar parte alla conversazione.

Giusto, la viscontessa d'Archenval riposava quel giorno sopra una sedia lunga, in una fase improvvisa di peggioramento; talchè, dopo essere stata un poco accanto a lei, come l'inferma si assopiva, Rosalia di Verdara potè passare con Massimiliana nella camera di quest'ultima.

Una notte egualmente insonne ed angosciosa era stata anche quella passata dalla contessa di Verdara. Soccorsa Massimiliana, ella era discesa a cercare di Ermanno, con l'idea dello strazio a cui doveva essere in preda. Non l'aveva trovato, e la sua preoccupazione era cresciuta. Aveva allora pregato suo marito di far venire la carrozza, non fidandosi più di assistere a quella lugubre festa.

La contessa Rosalia di Verdara abitava un elegante villino in fondo a quella strada della Libert

Il portone era socchiuso, due guardie vi stazionavano dinnanzi, trattenendo la folla. La carrozza s'era arrestata di botto, e Giulio di Verdara aveva aperto lo sportello, dando il passo alla signorina di Charmory. La folla si ritraeva, silenziosa.

Restava inchiodato , dalla vergogna, dal rimorso, non potendo risolversi a toccare più con un solo dito quelle forme che aveva strette in un impeto di brama cieca, in un ritorno dell'antico istinto, lungamente mortificato e represso. La cognizione del tempo si era perduta in lui, quand'egli intese un passo avvicinarsi: era la signora di Verdara che si avanzava verso di Massimiliana...

Ella aveva il vago ricordo di esser stata trascinata, inerte, con la testa fatta come di piombo; e lo stesso peso ora le gravava sulla fronte, malgrado la sua acconciatura fosse stata disfatta e una pezzuola imbevuta d'acqua ghiaccia vi venisse adattata continuamente. «Maxette... come stai?...» chiedeva sommesso la signora di Verdara, ed ella rispondeva appena con un moto degli occhi.