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"Quest'uomo è oggi il generale R., quella donna era la marchesa sua moglie. "Venendo più in giù, trovo la memoria d'una notte mesta. Non erano ancora due ore da che io ero stata messa a letto, che un affaccendarsi di servi per le camere mi destò all'improvviso. La mamma era stata colta da paralisi; si agitava convulsivamente sul suo letto senza parlare i medici tentennavano il capo sfiduciati.

Lo sceriffo ci permise di vedere il Cornetta, ma non volle che alcuno gli parlasse. Appena lo salutammo, il condannato, pallido, cogli occhi stravolti, si affacciò alle sbarre della porta e ci guardò fissi: non mi riconobbe. Come va, Angelo? gli dissi in italiano. Egli salutò col capo, fu agitato da un tremito nervoso e strinse convulsivamente i ferri della porta.

Il bracco non curando la confusione successa tra i bipedi, precipitossi sulla sparsa minestra, ed in un momento ebbe pulito il suolo; non appena però terminato il pasto, il povero cane, preso da un tremito mortale, cadde sul pavimento, e dopo d'aver stirato convulsivamente a varie riprese le gambe ed urlato alcuni lamenti disperati, morì cogli occhi sbarrati, diretti all'amato suo padrone, che lo contemplava amaramente compassionandolo senza potersi movere per soccorrerlo.

Il guerriero aprì gli occhi; un amaro sorriso increspò le sue labbra insanguinate. Cercò di sollevarsi, ma non vi riuscì; allungò le braccia e strinse convulsivamente le mani dell'amico. Muoio... felice!... rantolò egli. Perdonami... Ho amato... Fathma... Tutto... tutto è... finito... Ad...dio... amico!... Uno sbocco di sangue gli soffocò l'ultima parola.

La faccia del fumatore era smorta smorta, attorno agli occhi cominciavano a disegnarsi due cerchi azzurrognoli e muoveva le mani convulsivamente. L'oppio opera, pensò il barcaiuolo. Fra poco cadr

Sul campo insanguinato non rimasero che quattro uomini colle vesti a brani e imbrattate di sangue: il tenente arabo che stringeva convulsivamente in mano una scimitarra e tre egiziani che non si reggevano più sulle gambe.

Sembrava il fragore della tempesta, sembrava l'irrompere del pianto, sembrava una battaglia del cuore. E le note succedevano una all'altra, chiare, distinte, spiccate, con un accento arcano, come se una mano maestra e divina avesse toccato i tasti. Le mani del conte si agitavano convulsivamente. Il suono proseguiva. Il canto prendeva degli accenti inimitabili di musica celeste.

Il duca, che conosceva la scrittura e le armi del principe, di cui era geloso, afferrò la lettera in un lancio, mentre Morella si dibatteva per riprendergliela. Balbek divenne eccessivamente pallido, gualcì convulsivamente la lettera. Nel tempo stesso, le sue unghie allividivano i polsi della sua amante.

Così dicendo, ella stringeva convulsivamente le mani di donna Eugenia e le portava alle labbra per baciarle, come un bimbo che domanda scusa. Io lo amo mamma, io lo amo il mio Enrico. Mi pareva che egli fosse così sincero. Io non vivevo che per lui! Elisa, fatti animo le disse donna Eugenia bisogna che tu impieghi ogni mezzo per dimenticarlo. Tu sei troppo esaltata, figlia mia.

Quella voce fece scattare in piedi Abd-el-Kerim. Sogno! esclamò egli con profondo terrore. Gran Dio!... Si sporse innanzi, rattenendo il respiro, colla faccia livida, tutto in sudore, i pugni chiusi convulsivamente attorno alle armi. Ira di Dio! gridò la medesima voce. Avanti tutti! Abd-el-Kerim gettò un grido strozzato e retrocedette suo malgrado. Notis! Notis! ripetè egli.