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Come cieche galoppano in fila, le muraglie dagli occhi bendati di candide tele e di calce viva... giù, giù, verso il mare, sotto l'esplosione fatale dei meriggi!... E il mare infocato non è più che la polvere di brace e d'oro, che i passi pesanti del Dio sollevarono...

Ognuno di questi signori era inoltre munito di una di quelle lanterne cieche che si nascondono sotto i vestiti: arnese prezioso senza del quale il constabile non cammina mai la notte a Londra. Avendoci un amico accompagnato, noi eravamo otto persone contando il signor Price ed i suoi tre agenti. Eranvi dunque due occhi che vegliavano sopra ognuno di noi: potevamo essere tranquilli.

Ognor amai sublimi oggetti, e ognora Un più di tutti: ah! quei non era Iddio, Non era il sommo Ben ch'or m'innamora! Ma fra i cuori mortali era il più pio Ch'io conoscessi, era alcun nobil cuore Che a virtute innalzasse il desir mio. Quai debbo grazie renderti, o Signore, Che fra mie cieche idolatrie pur mai In belt

I Governi d'oggi, guasti dal principio esaurito e condannato a sparire onde tutti s'informano, sono impotenti a risolverlo; e le cieche brutali resistenze, arma unica che essi sappiano e possano per un tempo adoperare, accumuleranno su voi che invocate protezione da essi odî e vendette che nessun pacifico apostolato da parte nostra potr

E perchè inetta era la legge ultrice, L'uomo spogliato del paterno avere, E il padre della vergine infelice Che a lui rapita avea truce potere, Fean la propria lor destra esecutrice Di cieche stragi e di perfidie nere, E in mezzo al sangue gli uomini cresciuti L'ire feroci esser credean virtuti.

Il buio poi, se da un lato li favoriva, dall’altro per l’andar loro faceva ostacolo ad ogni passo, e il diradarlo poteva essere di gran pericolo. Per lo che portavano alcuni a varie distanze lanterne cieche, che a qualche passo pericoloso dischiudevano per avere al bisogno un fioco raggio di luce; superato il quale, le richiudevano.

In tale sfera di cieche confidenze, di ostentate omissioni, di trascuranze ignobili, la milizia veneta si era appartata dal grande organismo dello Stato, come vergognosa di essere, come desiderosa di vivere semplicemente tollerata. E decadde ed intisichì in questo abbandono come una pianta selvatica e parassitaria.

Oh menti cieche, oh tenebrosi intelletti, oh argomenti vani di molti mortali, quanto sono le riuscite in assai cose contrarie a' vostri avvisi, e non sanza ragion le piú volte!

Doveva esser bella, in quell'ora del sonnellino d'oro, la regina de' suoi pensieri. Perchè ella certamente riposava ancora, in quel punto. Era una gran dormigliosa, la marchesa Polissena. E doveva star così bene, con la sua cuffiettina di pizzi, donde sbucavano le ciocche de' capegli dorati! Gino ripensò allora i bei giorni, le ore liete, e quella famosa corsa in Piemonte, che sicuramente aveva fornito al sospettoso governo ducale uno dei più forti capi d'accusa contro di lui. Strana donna, la marchesa Polissena! Curioso impasto di paure e di audacie, di rispetti umani e di cieche temerit

Il bimbo delle sue carni corrose dal vizio altrui, così, sur un saccone, cullava; e la materna passïone trasfigurava le parole in rose. L’ascoltavano gli usci acchiavacciati, le cieche imposte, il lastrico. E il fanale fiamma divenne, accesa a un immortale altar, ritto fra l’ombre dei peccati. Tacque la voce e ritornò il mattino, tutto bianco di neve ancor del cielo, ancora intatta.